Giulio Lo Iacono

Agenda 2030 Italia – No al greenwashing, il comunicare senza fare, di Giulio Lo Iacono

Nel 2015, 193 Paesi di tutto il mondo hanno approvato l’Agenda 2030: 17 Obiettivi per portare il nostro pianeta su un sentiero di sostenibilità economica, ambientale, sociale e istituzionale. I numerosi “cigni neri” che hanno oscurato gli orizzonti delle nostre società in questi anni, dalle crisi economiche a quelle climatiche, dalla pandemia da COVID-19 alla guerra in Ucraina, hanno fatto interrogare alcuni osservatori sul ruolo delle Nazioni Unite e del multilateralismo e sull’utilità della stessa Agenda 2030.

Gli italiani sono interessati ai cambiamenti climatici

Eppure, nel corso degli ultimi anni, si è registrato un forte aumento dell’attenzione dell’opinione pubblica italiana ed europea ai temi del cambiamento climatico e della tutela ambientale, dell’aumento delle disuguaglianze, dell’impatto dell’innovazione tecnologica sul mondo del lavoro e, più in generale, alle diverse dimensioni dello sviluppo sostenibile. Anche sul piano dei messaggi politici e commerciali l’uso del termine “sostenibile” è divenuto molto più frequente.

Il rischio però è che si scivoli nel cosiddetto “greenwashing”, il comunicare senza fare, tanto per dare una patina di sostenibilità ambientale e sociale alla propria attività politica o al proprio business, senza che a questo codice comunicativo corrisponda uno specifico impegno.

Agenda 2030

Esiste però anche un altro rischio, quello del “fare senza comunicare”: il nostro Paese è pieno di buone pratiche, di una “sostenibilità inconsapevole”, specialmente nel mondo delle piccole e medie imprese, che però non viene raccontata, né rendicontata, né codificata: in questo modo, non diventa neppure uno stimolo a migliorare per i diversi settori.

Lo sviluppo sostenibile non è alla portata di tutti

Tornando al ruolo dell’opinione pubblica, secondo una rilevazione di Eumetra, sembra che lo sviluppo sostenibile sia percepito come centrale dai segmenti più colti e qualificati, mentre le comunità più svantaggiate tendono a considerarlo un optional di cui potremo occuparci una volta passate le diverse crisi che stiamo vivendo.

Questo è esattamente il rischio che dobbiamo evitare: lo sviluppo sostenibile non è un lusso per chi vive nella ZTL. E’ la chiave per contribuire a creare un nuovo modello di sviluppo, indispensabile per superare le crisi economiche, sociali e ambientali di questi anni. Lo sviluppo sostenibile non è un optional e non è parte del problema: è parte della soluzione.

 

di Giulio Lo Iacono, coordinatore operativo di ASviS