Biodiesel da olio vegetale esausto: il migliore per decarbonizzare i trasporti

EWABA, l’associazione europea che rappresenta le aziende di raccolta e trattamento degli oli vegetali esausti – ideata da Adriatica Oli che ora ne fa parte – risponde a un recente articolo pubblicato su EURACTIV.com da un’associazione europea di agricoltori, definendolo “calunnioso e irresponsabilmente tendenzioso”. Sì, perché secondo EWABA si tratta di contenuti dannosi e diffamatori, divulgati solo per opprimere un settore fatto di persone oneste e laboriose.

L’olio vegetale esausto, infatti, non è affatto “fraudolento e dannoso per il clima” e non comporta nessun “duro colpo per i settori agricoli, i semi oleosi e le proteine ​​vegetali” come dichiara erroneamente questa associazione europea degli agricoltori. Infatti, la Direttiva Europea sulle Energie Rinnovabili (REDII) approvata dal Parlamento Europeo attribuisce al biodiesel a base di olio vegetale esausto il massimo risparmio di gas serra. Gli impianti di produzione certificati in tutta Europa stanno producendo biodiesel a base di UCO (used cooking oil ) con un risparmio di gas serra superiore al 90% rispetto al combustibile fossile. Il biodiesel UCO è, quindi, la soluzione più efficace per decarbonizzare la maggior parte delle automobili immesse sul mercato oggi e nei prossimi anni.

Visti i risultati positivi per l’ambiente e i maggiori costi di produzione del biodiesel UCO, il legislatore dell’Unione Europea ha promosso un incentivo per la produzione di biocarburanti da oli e grassi vegetali esausti. Se questo incentivo non esistesse, infatti, nessun fornitore di carburanti produrrebbe biocarburanti a base di rifiuti come l’olio, ma opterebbe per soluzioni più economiche e a base di colture, con risparmi di gas serra inferiori e, quindi, nessuna tutela per l’ambiente.

Ma, a differenza di quanto afferma la suddetta associazione di agricoltori, che dichiara che “la direttiva europea ha fornito grandi incentivi all’UCO, ma non abbastanza controllo per combattere la frode”, EWABA chiarisce che l’olio vegetale esausto è una delle materie prime più regolamentate al mondo. Esiste infatti una tracciabilità completa di questo rifiuto, dall’origine (ristoranti, strutture per la lavorazione degli alimenti o punti di raccolta delle famiglie) fino alla fine della catena produttiva.

Certo, come qualsiasi settore in crescita, il business UCO ha attratto anche qualche trasgressore. A maggio infatti una società olandese, non appartenente a EWABA, ha commesso comportamenti fraudolenti utilizzando probabilmente olio di palma vergine anziché UCO. Questo spiacevole evento ha alzato i riflettori sul nostro settore e ha mobilitato la conoscenza collettiva di tutte le aziende per frenare la possibilità che si verifichino ulteriori frodi.

Il primo risultato tangibile di questi sforzi è lo standard di trasparenza EWABA, adottato all’Aia il 23 settembre 2019 e comprende una serie di raccomandazioni per aumentare la trasparenza e la tracciabilità lungo la catena produttiva dei biocarburanti, che sono state già recepite in parte dallo Schema di Certificazione più utilizzato nel settore, l’ISCC (International Sustainability & Carbon Certification).

Il secondo risultato è il grande lavoro che, negli ultimi mesi, stanno facendo le associazioni per sviluppare un unico database europeo, con diverse associazioni internazionali e nazionali, aziende produttrici, fornitori di carburanti e schemi di certificazione.

Il terzo risultato riguarda la promozione da parte di EWABA di un test fisico che differenzi l’UCO dagli oli vegetali vergini. Più di 500 test sono stati completati con risultati incoraggianti e, in seguito alla sua presentazione alla Commissione Europea, si sta lavorando per introdurre quanto prima uno standard europeo sul mercato.

La combinazione di queste tre misure (standard EWABA di trasparenza, database e metodo di prova UCO) darà al settore ancora più credibilità e consentirà agli Stati Europei di continuare a fare affidamento sul biodiesel da oli vegetali esausti per decarbonizzare i trasporti e, quindi, far bene all’ambiente.