Oggi 22 maggio 2023 si celebra la Giornata mondiale della biodiversità, istituita nel 1992 per volontà dell’ONU. L’obiettivo era ed è quello di sottolineare l’importanza della biodiversità e quanto la sua perdita possa minacciare interi ecosistemi e almeno un milione di specie.
Stando a quanto riportato nello studio Global Risks Report 2023, realizzato dal World Economic Forum, la perdita di biodiversità rappresenta il terzo più grave pericolo per il prossimo decennio. Secondo le stime dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) sono a rischio estinzione 41mila specie animali, il 28% di quelle attualmente presenti sulla Terra.
Biologico contro la perdita di biodiversità
Il ricorso al biologico e il ricorso ai sistemi circolari e sostenibili rappresenta un’arma fondamentale per arginare la perdita di biodiversità. A sostenerlo è FederBio, che ricorda come siano di assoluto rilievo anche la conservazione della fertilità dei suoli e la gestione dei terreni in linea con i cicli naturali. Come ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio:
L’enorme impatto ambientale causato dall’agricoltura industrializzata ci sta portando verso il collasso, dobbiamo invertire immediatamente la rotta per rallentare la perdita di biodiversità, fondamentale per garantire la sicurezza alimentare e far fronte all’emergenza climatica. L’agricoltura biologica, che nutre la terra per mantenerla fertile, svolge un ruolo importante nella conservazione e implementazione della biodiversità.
A sostenerlo è anche il recente studio Lampkin-Padel di IFOAM Organics Europe sull’impatto ambientale nel quale si evidenzia come al raggiungimento del 25% di superficie bio entro il 2030, uno degli obiettivi della strategia “Farm to Fork”, si determinerebbe un incremento complessivo di biodiversità pari al 30% sui terreni coltivati a biologico.
Aree naturali nei campi, la strategia UE
Nell’ordine di tutelare la biodiversità, l’UE ha inserito nella propria strategia l’obbligo per gli Stati membri di riservare almeno il 10% di ciascun campo ad aree naturali. Ciò vuol dire che un decimo di ciascuna superficie coltivata dovrà essere destinato ad aree umide, boschi e campi che favoriscano habitat differenti e permettano la sopravvivenza di specie anche rare.