Cambiamento climatico: ricercatori italiani studiano i rischi per le banche centrali

Strano a dirsi: il cambiamento climatico può causare gravi danni anche sul mondo immateriale della finanza internazionale.
Abituati a pensare al problema del riscaldamento terreste da un punto di vista ambientale, gli studiosi hanno lanciato, in questi ultimi anni, l’allarme per lo scioglimento delle calotte polari, dei ghiacci perenni e il conseguente aumento del livello dei mari, a causa dell’aumento, nel numero e nell’intensità, dei fenomeni meteorologici estremi, in particolare per le precipitazioni e per il loro impatto sul territorio, con l’incremento del rischio idrogeologico.

In più, gli scienziati hanno messo in evidenza come anche l’aumento delle temperature, con ondate di calore sempre più insopportabili, il manifestarsi di fenomeni di desertificazione, della siccità e dello scoppio di incendi sempre più devastanti siano imputabili ai cambiamenti del clima.
Per tutto questo siamo stati ammoniti circa le conseguenze sanitarie per la popolazione, anche per la mancanza, per miliardi persone, della disponibilità di acqua potabile, e per gli animali, con la distruzione degli habitat e l’estinzione di numerose specie.

Ma poco si è detto circa l’attenzione crescente delle banche centrali per i rischi connessi al riscaldamento globale. Già alla fine del 2017 è stato creato il “Network for Greening the Financial System” (Ngfs), organismo che vede la partecipazione delle banche centrali di Francia, Spagna, Italia, Giappone e Germania, per sviluppare nel sistema finanziario interventi di contrasto ai cambiamenti climatici.

Poche settimane fa, inoltre, la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, ha sollecitato il sistema delle banche centrali a un maggior interventismo di contrasto al cambiamento ambientale.
Appare così sempre più evidente come l’emergenza che stiamo vivendo richieda interventi complessivi e in tutti i settori. In questo senso è stato istituito, in questi giorni, un nuovo progetto finanziato da Inspire (International Network for Sustainable financial Policy Insights, Research and Exchange) per studiare le modalità attraverso cui il mondo della finanza possa avviare il tema, di cui anche in Italia si è discusso in occasione dell’insediamento del nuovo Governo, della cosiddetta “transizione verde” che, probabilmente, passerà anche attraverso nuove politiche fiscali e monetarie per andare verso un’economia a zero emissioni entro il 2050.