Cittadinanzattiva: acqua quanto mi costi, il dossier 2014

Il costo dell’acqua non fa che aumentare: +43% dal 2007, solo nel 2013 le tariffe sono cresciute del 7,4% ed in media una famiglia italiana paga 333 euro l’anno. Ma, come denunciamo da anni, le differenze regionali sono rilevanti: si va dalla Toscana dove in media si pagano 498 euro (erano 473 nel 2012) al Molise (143 euro, invariato sul 2012); oltre la media anche Marche (429 euro), Umbria (421 euro), Emilia Romagna (407 euro), Puglia (389 euro).
Firenze. Pistoia e Prato le città più care con 542 euro annui, Isernia la meno cara con una spesa media a famiglia di soli 120 euro. A Vibo Valentia l’aumento record (+54,7% fra 2012 e 2013). Rincari a due cifre percentuali in Basilicata (11,9%), Campania (11,6%), Veneto (11,3%). Non fa testo il +42,5% del Trentino Alto Adige, dove il rialzo è dovuto all’inserimento in bolletta delle spese di depurazione nella città di Trento, prima non contemplate.
Si attesta al 33% (come nel 2011) il valore relativo alla dispersione idrica, con un costo, derivante dall’acqua sprecata, pari a 3,7 miliardi di euro ogni anno, più del valore di una manovra finanziaria.
In generale, il caro bolletta dell’acqua nell’ultimo anno ha interessato principalmente il Nord (9,2% la variazione 2012/2013), seguito dal Sud (+6,4%), ed infine dal Centro (+5,3%).
Nell’indagine annuale realizzata dall’Osservatorio Prezzi & Tariffe di Cittadinanzattiva, le contraddizioni del Servizio Idrico Integrato nel nostro Paese, con dati anche sulla dispersione idrica..L’indagine è stata realizzata in tutti i capoluoghi di provincia, relativamente all’anno 2013. L’attenzione si è focalizzata sul servizio idrico integrato per uso domestico: acquedotto, canone di fognatura, canone di depurazione, quota fissa (o ex nolo contatori). I dati sono riferiti ad una famiglia tipo di tre persone, con un consumo annuo di 192 metri cubi di acqua, e sono comprensivi di Iva al 10%.
“Ogni anno, in occasione della pubblicazione della nostra indagine, istituzioni e gestori si affrettano ad affermare che la spesa media italiana per il servizio idrico è inferiore a quella delle principali città europee. Nessuna risposta, invece, sul perché in base allo stesso consumo a Firenze si paghino 542 € e a Isernia 120€”, ad affermarlo Tina Napoli, responsabile politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva. “Riteniamo indispensabile arrivare ad una maggiore omogeneizzazione delle tariffe e della qualità del servizio offerto sull’intero territorio nazionale, al fine di superare immotivate differenziazioni di costo e di qualità per i cittadini di un medesimo Paese. Inoltre, siamo consapevoli che nei prossimi anni bisognerà sostenere notevoli investimenti per porre rimedio ad una serie di inefficienze che gravano sulle reti idriche e che provocano lo spreco del 33% di una risorsa preziosa come l’acqua. Se è vero che l’importo necessario ammonta a 65 miliardi di euro e che solo l’11% sarà coperto da risorse pubbliche, mentre il resto dovrà provenire da tariffe e risorse private, chiediamo alla Autorità per l’energia elettrica il gas ed il servizio idrico di vigilare affinché inefficienze e ritardi non continuino ad essere pagati dai cittadini senza miglioramento del servizio, come avvenuto in tutti questi anni”.
On line su www.cittadinanzattiva.it il dossier con gli approfondimenti regionali.
Differenze regionali e provinciali. Evidente la differenza tariffaria tra le regioni. Le tariffe più elevate (al di sopra della media nazionale) si riscontrano, nell’ordine, in Toscana, Marche, Umbria, Emilia Romagna e Puglia. Ma elevate differenze esistono anche all’interno delle stesse regioni. Ad esempio, in Calabria, tra Reggio Calabria (473 euro) e Cosenza (171 euro) intercorre una differenza di 302 euro. Altri esempi di simile portata si possono riscontrare in Sicilia (a Catania 190 euro, a Agrigento 446 euro), Liguria (dai 204 euro di Savona e Imperia ai 415 di Genova), Veneto (dai 255 euro di Verona ai 454 di Rovigo) e Lombardia (dai 123 euro di Milano ai 316 di Lecco).
Città colabrodo. In Italia, secondo Legambiente-Ecosistema Urbano 2013, in media il 33% dell’acqua immessa nelle tubature (per tutti gli usi) va persa, problema particolarmente accentuato al Sud (42%) e al Centro (33%), meglio il Nord che presenta percentuali di perdite al di sotto della media nazionale (27%). La dispersione idrica è addirittura aumentata dal 2007 in ben 56 città! Undici i capoluoghi che disperdono oltre la metà dell’acqua immessa nelle tubature: L’Aquila e Cosenza (68%), Latina (62%), Gorizia (56%), Salerno, Avellino e Pescara (55%), Grosseto (54%), Catania (53%), Palermo e Potenza (52%).