Edilizia, cantieri e consumo di suolo

Consumo di suolo in Italia, allarme ISPRA: 2022 da record

Continua a crescere a un ritmo impressionante il consumo di suolo in Italia. A confermarlo è l’ISPRA, il cui rapporto 2023 ha fotografato quella che è stata la situazione durante i dodici mesi del 2022. Il bilancio è di circa 77 km quadrati coperti dal cemento, per un dato allarmante di 2,4 metri quadrati edificati al secondo. La perdita di suolo naturale occorsa tra il 2006 e il 2022 costerebbe all’Italia, spiega l’Istituto Superiore per la Protezione Ambientale, circa “9 miliardi di euro ogni anno”.

La Regione peggiore si conferma la Lombardia, con Monza e Brianza nella veste di Provincia con più suolo artificiale (41%). Per quanto riguarda invece l’incremento nel solo 2022 è Roma la maglia nera con una crescita del consumo di suolo pari a 180 campi di calcio (circa 124 ettari). Responsabili del consumo di suolo in Italia, spiega l’ISPRA, sono soprattutto i settori della logistica e della grande distribuzione:

Nell’anno appena trascorso toccano il massimo dal 2006, con un picco di crescita superiore ai 506 ettari concentrato nel Nord-Est del Paese, con oltre 1.670 ettari, seguito dal Nord-Ovest con 1.540 ettari e il Centro con 940 ettari.

Critica Legambiente, che attraverso la voce del presidente nazionale Stefano Ciafani ha ribadito la necessità di una legge contro il consumo di suolo in Italia:

Di fronte a questo quadro torniamo a ribadire l’urgenza per l’Italia di approvare una legge contro il consumo di suolo, in stallo da anni in Parlamento, e su cui ci aspettiamo dal Governo Meloni delle risposte concrete. In attesa di ciò, al momento l’unico elemento di speranza è la ripresa del dibattito europeo sulla direttiva suolo che nelle prossime settimane sarà discussa dal Parlamento UE. L’auspicio è che si rafforzi la timida proposta della Commissione Europea e che si arrivi a una approvazione entro la scadenza del mandato.

Consumo di suolo in Italia, il rapporto ISPRA 2023

All’interno del rapporto ISPRAIl consumo di suolo in Italia 2023” è presente anche il bilancio della superficie cementificata nazionale, che ha ormai superato i 21.500 chilometri quadrati (il 7,25% della superficie totale). Un danno non soltanto per il patrimonio naturale, ma anche per le condizioni climatiche e per il rischio idrogeologico dell’Italia.

Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione Ambientale il consumo di suolo contribuisce ad esempio a rendere le città italiane più calde durante i mesi estivi:

La temperatura cresce all’aumentare della densità delle coperture artificiali, raggiungendo nei giorni più caldi valori compresi tra 43 e 46 gradi centigradi nelle aree più sature e seguendo andamenti diversi a seconda delle caratteristiche del territorio circostante.

Nel documento viene affrontato come detto anche il tema del rischio idrogeologico, sottolineando come nel solo 2022 siano stati resi impermeabili oltre 900 ettari a “pericolosità idraulica media“. Senza contare poi che il 35% delle costruzioni si trova in zone sismiche con rischio “medio o alto”.

Roma maglia nera, Legambiente Lazio: “diluvio di cemento”

Roma maglia nera per il consumo di suolo 2022, ha sottolineato Legambiente Lazio ricordando inoltre alcuni altri dati. Primo fra tutti il distacco tra la Capitale e il secondo Comune in classifica, Casalpusterlengo (LO), la cui nuova superficie cementificata è all’incirca la metà (63 chilometri quadrati) di quella capitolina. Come ha sottolineato Roberto Scacchi, presidente di Legambiente Lazio:

A Roma è in corso un diluvio di asfalto e cemento e anche nell’ultimo anno, la Capitale continua a essere la peggior città d’Italia per consumo di suolo, doppiando tutte le altre. La pesantissima dimensione con cui, edilizia residenziale, nuove strade e enormi hangar della logistica, stanno impermeabilizzando il territorio romano, non fa che acuire drasticamente i rischi idrogeologici e lo vediamo ad ogni evento meteorico estremo, come quelli delle ultime ore. Al Campidoglio chiediamo in tal senso risposte concrete di adattamento del suolo alle nuove condizioni climatiche: con una urbanistica che parli di rinaturalizzazione, ricucitura del tessuto cittadino attraverso rigenerazione dell’edificato, stop alle nuove costruzioni, varianti che cancellino dal piano regolatore volumi edificatori per la prima volta.