Sul tavolo della Cop28 l’Italia mette 100 milioni di dollari nel Fondo per le Perdite e i Danni, servirà ad aiutare i paesi più poveri e più esposti ai disastri ambientali. L’istituzione del Loss and damage fund, gestito dalla Banca Mondiale, era stato già deciso durante la Cop dello scorso anno in Egitto ma sono serviti dodici messi per lavorare alla bozza di testo e soprattutto convincere gli Stati Uniti ad allentare i cordoni della borsa, pochi spiccioli in realtà fino a questo momento ma comunque un inizio (18 milioni di dollari).
Gli Emirati Arabi Uniti daranno 100 milioni, Regno Unito offrirà 51 milioni di dollari, il Giappone 10 e l’Unione europea ha promesso 245,39 milioni di cui 100 di provenienza tedesca. Non è ancora chiarissimo quali saranno i passi per rimpinguare il fondo nei prossimi anni ma intanto il passo in avanti verso la giustizia climatica è concreto e di grande supporto per i danni provocati alle popolazioni dallo scioglimento dei ghiacciai, dall’innalzamento del livello del mare, dalle alluvioni, dalla siccità. Auspicabile, per i Paesi che dovrebbero beneficiarne, un accesso semplice e diretto senza rischiare di incappare nella “burocrazia”.
Si stima che le perdite e i danni nei paesi in via di sviluppo siano quantificabili in 400 miliardi di dollari all’anno, destinati ad aumentare senza le misure adeguate per la mitigazione e l’adattamento climatico, una cifra gigantesca rispetto a quanto stanziato per ora.
Cop28, obiettivo l’eliminazione dei combustibili fossili
La Terra si riscalda a ritmi inaspettati e preoccupanti, l’ultimo anno lo archivieremo come quello tra i più bollenti della storia, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della meteorologia e i prossimi 10 giorni, all’Expo City di Dubai, saranno dedicati alle azioni che i Paesi dovranno intraprendere per evitare di superare il limite vitale di 1,5°C.
Protagonista delle agende governative la graduale eliminazione dei combustibili fossili, responsabili dell’87% delle emissioni climalteranti e di pari passo l’utilizzo definitivo delle energie rinnovabili, soluzione decisiva per contrastare il climate change.
Ma perché la Cop28 che ha (avrebbe?) nel DNA la lotta ai cambiamenti climatici e alle fonti fossili si svolge in una delle capitali del petrolio e in uno dei paesi con le emissioni più alte di gas serra? Un ossimoro spiegabile. Intanto un summit di tale portata ha necessità di essere organizzato in una città con strutture ricettive degne di questo nome, con collegamenti aerei facili, libera da guerre civili ma soprattutto è importante coinvolgere proprio i paesi più ricchi e responsabili dei danni ambientali.
Noi, portatori sani di aspettative, resteremo in ascolto dei leader mondiali fino al 12 dicembre per capire se la crisi climatica sarà capace di distruggere decenni di sviluppo o se siamo ancora in grado di invertire la tendenza concretizzando gli Accordi di Parigi. Consapevoli, d’altro canto, che la partita non si gioca del tutto nei summit mondiali perché gli attori protagonisti restano i singoli Governi che devono dedicare ogni sforzo alla transizione ecologica, le aziende che devono inserire le misure volte alla decarbonizzazione nei loro asset e i cittadini che possono spostare l’asticella green assumendo comportamenti responsabili.