Ogni volta che procediamo con un acquisto è come se stessimo dando il nostro voto all’azienda che lo ha prodotto, la premiamo senza resa, compiamo un passo importante cui spesso diamo poco peso. Dietro a famosi e storici marchi (e vale anche per i prodotti alimentari) si nasconde talvolta uno sfruttamento senza pari sia dei lavoratori che producono quelle merci, sia dell’ambiente sempre più povero, sia degli animali (troppi i pesticidi utilizzati dannosi per tutti).
Si stima che una famiglia italiana media si disfi, ogni anno, di circa 20 kg di vestiti (senza considerare gli accessori) ormai superflui e che, di conseguenza, ne acquisti altrettanti. Vista questa propensione è giusto porsi qualche domanda in più.
Per non perdere tempo basterà informarsi prima per capire quali sono le aziende etiche e muoversi quindi senza indugio. Buona fonte di informazione è il sito www.abitipuliti.org, spazio web della Campagna Abiti Puliti – sezione italiana della Clean Clothes Campaign – che opera per sensibilizzare consumatori, imprese e governi. Offre solidarietà e sostegno diretto agli operai che lottano per i loro diritti e chiedono migliori condizioni di vita.
Quando diventano sostenibili i nostri armadi? Quando compriamo indumenti usati nei mercatini o nei negozi vintage, oppure vestiti nuovi del commercio equo e solidale, o abiti prodotti in canapa o cotone biologico o in altri materiali etici o capi che riportano l’etichetta Made in Italy, il cui acquisto sostiene la nostra economia. In quest’ultimo caso, purtroppo, la legge non aiuta molto il consumatore; basta infatti che una zip sia stata cucita nel nostro Paese e la merce in questione può fregiarsi di quel marchio.
Non solo enormi quantità di vestiti ma anche moltissimi prodotti per la cura del corpo sono presenti nei nostri bagni; le cifre sono da capogiro: centinaia di milioni di euro, spesso spesi per prodotti venduti come miracolosi che in realtà di sensazionale hanno solo il prezzo! Deodoranti, creme, schiume da barba, trucchi, profumi di cui ignoriamo la composizione chimica, che vengono smaltiti senza criterio e finiscono nei corsi d’acqua.
di Marzia Fiordaliso