Ogni anno sono oltre 130 mila le tartarughe marine della specie tartaruga Caretta caretta che nel Mediterraneo rimangono vittime di catture accidentali da parte dei pescatori professionisti. Circa 70.000 abboccano agli ami utilizzati per la pesca al pescespada, oltre 40.000 restano intrappolate nelle reti a strascico e circa 23.000 in quelle da posta per un totale di 133.000 catture con oltre 40.000 casi di decesso. Numeri impressionanti e peraltro decisamente sottostimati: se infatti consideriamo in questo calcolo tutti i pescherecci comunitari e le migliaia di piccole imbarcazioni da pesca che operano nei pase africani che si affacciano sul Mediterraneo, si arriva più
verosimilmente a una stima di 200 mila catture e proporzionalmente a circa 70 mila decessi.
Per cercare di limitare questa ecatombe scendono in campo gli stessi pescatori che, grazie al progetto TARTALIFE, finanziato dal programma LIFE+ della Commissione Europea e coordinato dall’Istituto di Scienze Marine del Consiglio nazionale delle Ricerche di Ancona (CNR-ISMAR), potranno tramite innovativi sistemi per la riduzione delle catture accidentali dare un contributo concreto alla salvaguardia di questa specie protetta da Convenzioni Internazionali, Direttive Comunitarie e Leggi Nazionali. Si tratta di una specie che ha assunto un aspetto strategico per il bacino Mediterraneo, dove la pesca professionale costituisce la principale minaccia per la sua sopravvivenza. Ed è proprio per questo motivo che i pescatori professionisti scendono in campo, per arginare un fenomeno che sta sempre più annientando la specie nel Mediterraneo.
Al progetto partecipa infatti il Consorzio Unimar che raggruppa Agci Agrital, Federcoopesca e Lega Pesca, le associazioni di categoria che rappresentano in Italia migliaia di pescatori. Una partecipazione importante e determinante visto che i pescatori possono dare un contributo concreto alla riduzione della mortalità.
Sono numerosi i partner che, oltre al CNR-ISMAR e al Consorzio Unimar, contribuiranno alla realizzazione del progetto: Provincia Regionale di Agrigento, Ente Parco Nazionale dell’Asinara, Fondazione Cetacea Onlus, Associazione Centro Turistico Studentesco e giovanile CTS, Area Marina Protetta Isole Egadi, Legambiente Onlus, Area Marina Protetta Isole Pelagie Cooperativa. Tutte realtà impegnate nella salvaguardia della biodiversità marina.
L’impatto della pesca professionale sulla tartaruga marina è dovuto principalmente a quei Paesi che si affacciano direttamente sul Mediterraneo che sono responsabili per l’83% del totale delle catture accidentali chiamate anche bycatch. I dati di cattura degli ultimi anni, le testimonianze dei pescatori e l’aumento degli interventi dei Centri di Recupero lungo le coste italiane, testimoniano dunque la necessità di arginare tale fenomeno, che determina il Ufficio Stampa CTS – Pietro Briganò – 06.64960327 – 348.4358474 – pbrigano@cts.it
ferimento o l’uccisione di molti individui e ostacola la conservazione della specie, in preoccupante declino nel
Mediterraneo.
Saranno le 15 regioni italiane che si affacciano sul mare ad essere coinvolte in TartaLife il cui obiettivo principale è la
riduzione della mortalità della Caretta caretta e dunque contribuire alla conservazione della specie nel
Mediterraneo, attraverso 2 obiettivi specifici:
riduzione delle catture accidentali (chiamate anche bycatch) delle tartarughe marine, effettuate con
palangari, reti a strascico e da posta;
riduzione della mortalità post cattura delle tartarughe marine;
Per ridurre la cattura accidentale delle tartarughe marine con le reti a strascico TartaLife sperimenterà in alcune delle
marinerie italiane un dispositivo meccanico denominato TED (Turtle Exculder Device, letteralmente “Meccanismo di
esclusione della tartaruga”) già testato nel progetto Tartanet e ampiamente diffuso in molti paesi oltre oceano per la
pesca dei gamberi. Si tratta di una griglia cucita all’interno della rete (prima del sacco terminale) che ha il compito di
sbarrare la strada alla tartaruga ma non al pesce. Le tartarughe urtando contro il TED ritroveranno la libertà attraverso
un’apertura della rete chiusa da un altro panno di rete cucito solo parzialmente. A partire da questo modello standard
costituito da una griglia in alluminio potranno essere sperimentati altri materiali e disegni progettuali al fine di
assicurarne la funzionalità in termini di redditività per la pesca, di sicurezza per i pescatori e di efficienza
nell’esclusione delle tartarughe.
Per ridurre la cattura accidentale delle tartarughe dovuta ai palangari il progetto TartaLife promuoverà l’uso degli ami
circolari in tutte le marinerie italiane interessate da questo tipo di pesca. È dimostrato infatti che utilizzare gli ami
circolari in sostituzione dei cosiddetti ami a “J” tradizionali, riduce di circa il 70% la cattura degli esemplari di Caretta
caretta senza alterare l’efficienza di cattura delle specie bersaglio (pesce spada, tonno rosso e tonno alalunga). La
particolare conformazione circolare, inoltre, rende più difficile l’ingestione dell’amo stesso da parte della tartaruga,
riducendo drasticamente la mortalità indotta da questi attrezzi. Inoltre, rimanendo impigliato solo superficialmente,
l’amo può essere agevolmente rimosso dai pescatori, che in questo modo potranno contribuire alla salvaguardia della
specie con delle semplici operazioni da svolgere direttamente a bordo dell’imbarcazione.
Per evitare le interferenze delle tartarughe con le reti da posta, il progetto Tartalife sperimenterà un dispositivo
elettroacustico denominato STAR (Sea Turtle Acoustic Repellent) il cui funzionamento è identico a quelli messi a punto
per tenere lontani i mammiferi marini dalle attività di pesca. L’uso è molto semplice: basta posizionarlo sulla rete e al
contatto con l’acqua comincerà a funzionare emettendo dei segnali acustici nel range di frequenze udibili dalle
tartarughe. In questo modo si ipotizza che le tartarughe saranno in grado di identificare ed evitare lo sbarramento
rappresentato dalla rete. La sperimentazione avrà inizio con dei test in acque confinate con la collaborazione di
Fondazione Cetacea, per migliorare lo stato delle conoscenze sulle risposte comportamentali delle tartarughe ai
segnali acustici dello STAR e si completerà con delle sessioni in mare Adriatico al fine di verificare se il funzionamento
dello STAR sarà ininfluente nella redditività dell’attività di pesca.
Un’altra iniziativa finalizzata a ridurre le catture accidentali con le reti da posta è la sperimentazione di una nassa di
nuova generazione, già utilizzata con successo nel nord Europa per la pesca al merluzzo ma mai prima d’ora nel
Mediterraneo. Il successo della sperimentazione in termini di redditività, riduzione del bycatch ed eliminazione del
problema della depredazione del pescato da parte delle tartarughe potrebbe favorire, in un prossimo futuro,
l’adozione di questo attrezzo in sostituzione alle reti da posta, almeno in alcune aree e periodi.
2014-04-15