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Giornata per la Riduzione del Rischio dei Disastri Naturali: una data per il clima, di Marzia Fiordaliso

Ogni 13 ottobre si celebra la Giornata Internazionale per la Riduzione del Rischio dei Disastri Naturali, una data per ricordare quanto sia sempre più urgente l’intervento sul clima. La violenza dei temporali, l’arrivo dei tornado alle nostre latitudini, lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello delle acque, gli incendi devastanti, gli tsunami, l’aumento incessante delle temperature non sono più trattabili come emergenze ma come quotidianità e prevenire per ridurre l’impatto è la nostra unica arma.

Serve la messa in sicurezza delle zone vicine ai bacini idrografici, la raccolta delle acque piovane per sopperire alla siccità, il taglio corretto dei boschi per mitigare gli incendi, la costruzione di abitazioni ed edifici pubblici antisismici. Perché se è pur vero che nulla possiamo nei confronti di un terremoto o di un’eruzione vulcanica dovremmo avere chiaro che il contenimento delle conseguenze è in nostro potere.

Per chiarire quali interventi possiamo mettere in atto dobbiamo creare due categorie di disastri naturali, quelli strettamente legati ai mutamenti climatici e quelli che nulla hanno a che vedere. Se gli eventi meteorologici estremi sono sempre più numerosi e gravi la colpa è anche nostra e combatterli si deve e si può, come suggerito anche dal goal 13 dell’Agenda 2030.

E veniamo agli eventi di cui invece possiamo mitigare solo gli effetti perché per il loro manifestarsi non esiste attribuzione di colpa: terremoti (opere di ingegneria antisismiche), incendi (tracciati spartifuoco, fonti per rifornimento idrico, manutenzione dei boschi), eruzioni vulcaniche (centri abitati lontano dalle pendici).

Riduzione dei disastri, perché è importante investire

siccità

L’International Day for Disaster Risk Reduction, indetta dalle Nazioni Unite e in particolare dall’Ufficio per la riduzione del rischio di disastri per la prima volta nel 1989, è un messaggio di dolore verso i Governi. Gli Stati ancora sottovalutano quanto anche la perdita di una sola vita umana, a causa di una tragedia perfettamente prevedibile, non possa essere derubricata e archiviata come casualità, o come probabilità cui è impossibile sottrarsi.

Parliamo di numeri terrificanti! Secondo il Rapporto UNDRR: 1,6 milioni di morti e danni e ferimenti di oltre 5,6 miliardi di persone e più di 7.000 gli eventi apocalittici negli ultimi anni. Cifre attraverso le quali comprendere con chiarezza che non stiamo andando verso uno sviluppo sostenibile e che, almeno in questo campo, stiamo bucando e disattendendo i principi dell’Agenda 2030.

Disastri naturali, le ricadute economiche

Quando un territorio cade sotto la scure di un’alluvione o di un terremoto o di una siccità esasperata va ricostruito un intero tessuto economico; ogni disastro può contribuire a mettere ko migliaia di famiglie che da quel momento si troveranno privati di una casa e di un lavoro.  E sono, sovente, i più poveri a subire le perdite maggiori perché insediati in zone ad alto rischio, ai margini, dove nessuno è intervenuto per ridurre gli impatti delle calamità con opere di salvaguardia.

Ma che senso ha per un Governo spendere quattrini per supportare persone depauperate di tutto quando potrebbe investirli in prevenzione salvando vite umane uniche e preziose?

Senza una vera azione sul clima nei prossimi dieci anni, senza una diffusa cultura della prevenzione e soprattutto del rispetto degli uomini verso gli altri uomini, gli eventi meteorologici estremi saranno travolgenti in ogni zona della Terra. Perché se spesso ed erroneamente abbiamo creduto che morte e distruzione potessero essere prerogative esclusive del sud del mondo ora sappiamo, vedi le Marche o la Florida, che il disastro naturale è in agguato ovunque e non basterà essere ricchi e fortunati.

di Marzia Fiordaliso, Direttrice Editoriale Eco in città