Non c’è transizione sostenibile ed ecologica senza comunicazione. É questa la tesi di fondo del nuovo libro “Dove i fatti non arrivano. Antologia ragionata e appassionata della comunicazione ambientale”, edito da Pacini editore e co-curato da Stefano Martello e Sergio Vazzoler.
In un momento di profonda transizione verso un paradigma più sostenibile, è la comunicazione lo strumento che può accorciare le distanze, combattere le distorsioni informative e stimolare il cambiamento dei comportamenti. 50 parole indagate da 34 autori e autrici sono la conclusione di un progetto editoriale iniziato nel 2020 con il Libro Bianco sulla comunicazione ambientale e proseguito nel 2022 con L’anello mancante. La comunicazione ambientale alla prova della transizione ecologica. Ne abbiamo parlato con i due curatori.
Il paradosso della comunicazione ambientale
Sergio, avete scelto di intitolare il vostro nuovo volume “Dove i fatti non arrivano”: perché questo titolo, qual è il collegamento con la comunicazione ambientale?
Quello che insieme a Stefano Martello cerchiamo di fare con questo libro, che, non casualmente, chiude una trilogia e un cerchio metaforico tracciato con le precedenti pubblicazioni, è affrontare il paradosso intorno al ruolo della comunicazione ambientale oggi. Da una parte, c’è una tendenza diffusa ad assimilare la comunicazione con i fenomeni distorsivi tipici della disinformazione, affiancandola alle fake news create e alimentate da chi intende opporsi o comunque frenare la transizione ecologica, negando l’origine antropica della crisi climatica e ambientale, distorcendo i dati che la definiscono e minimizzandone l’impatto sulla salute umana.
Parallelamente, la comunicazione ambientale viene anche associata alla corrosiva pratica del greenwashing, la “fuffa verde” messa in atto da tutte quelle organizzazioni, pubbliche o private, che colgono nella sostenibilità un’affascinante scorciatoia per ammantarsi di meriti ambientali (e sociali) indipendentemente dalla realtà, costruendo una narrazione inautentica del proprio agire finalizzata ad avvantaggiarsi in termini di reputazione e immagine, a danno dei cittadini nel ruolo di utenti e consumatori e con effetti deleteri sulla fiducia nei confronti di istituzioni e organizzazioni.
É evidente come queste siano interpretazioni parziali e semplicistiche, che trovano nella comunicazione il capro espiatorio di tutti i mali della transizione. La cura individuata nel mainstream per combattere queste distorsioni e rendere la sostenibilità davvero trasformativa è il ritorno al primato dei fatti. Un primato verso cui noi curatori nutriamo un sentimento di consapevole scetticismo.
Pur evitando di mettere in dubbio l’importanza delle evidenze scientifiche e dei dati empirici, non dobbiamo mai dimenticarci che prima di tutto comunicare è pur sempre agire: cambia la realtà intorno a noi, costruendo una narrazione che ne può indirizzare gli esiti e avere conseguenze concrete.
Il dibattito ambientale
Stefano, tra le tante parole che avete selezionato, ce ne sono alcune inusuali, apparentemente lontane dal dibattito ambientale. Ci puoi spiegare il perché di questa scelta?
Proprio perché al fatto si affianca, oggi, il modo in cui scegliamo di comunicarlo, abbiamo bisogno di una comunicazione più lenta e progressiva, modulata su più dimensioni narrative. Dobbiamo dare ai nostri pubblici la possibilità concreta di decodificare correttamente le informazioni rilasciate, non solo per tutelare il nostro ruolo e il nostro operato dai fenomeni richiamati da Sergio, ma anche per costruire, tutti insieme, una narrativa condivisa.
E in questo senso, alcune parole – penso a “facilitazione”, “fantascienza”, “gentilezza” o “paradosso”, solo per citarne alcune – sono sostanziali e strategiche quanto quelle più tecniche e specialistiche. Dobbiamo imparare ad essere più cinici, se mi si consente il termine, utilizzando l’immensa cassetta degli attrezzi a nostra disposizione in maniera più varia e, nel contempo, più sartoriale. Per fare questo, serve pianificazione e tempo, abbandonando una strategia della contingenza che negli anni non solo non ha portato ai risultati auspicati, ma ha anche incancrenito e amplificato quei contrasti generazionali che oggi viviamo sulle nostre strade o nei luoghi di cultura. Dando vita a più narrazioni slegate e frastagliate.
Ragione e passione, due facce della stessa medaglia
Stefano, è in questo senso che accostate ragione e passione nel sottotitolo?
Assolutamente si, ragione e passione sono due facce della stessa medaglia. Si contaminano e si proteggono vicendevolmente, dando senso compiuto al nostro agire. Se non ci fosse la passione, la fatica intellettuale e organizzativa nell’individuazione del più efficace grimaldello narrativo, la ragione risulterebbe semplicemente noiosa. Poco appetibile per quei pubblici generalisti che abbiamo il dovere di ascoltare e a cui dobbiamo una risposta e un confronto. E viceversa, la sola passione potrebbe essere letta in maniera evocativa. Magari dando il via a quei fenomeni di allontanamento relazionale e di conseguente disconoscimento del ruolo comunicativo. Credo fermamente che il senso di una comunicazione responsabile risieda proprio nel mantenimento di questo equilibrio. Anche a costo di rinunciare a convenienze nel breve periodo.
Comunicazione e transizione
Sergio, che ruolo può avere secondo voi la comunicazione ambientale nelle sfide della transizione?
Senza comunicazione, non possiamo affrontare la complessità della transizione ecologica e sostenibile. Perché comunicare, come in parte ha già detto Stefano, significa prima di tutto “mettere in comune” – significati, valori, obiettivi – ed è proprio nei periodi di grande cambiamento e trasformazione che è importante ricostruire e ripartire da una base condivisa, in cui le persone possano riconoscersi e trovare motivazione, le organizzazioni nuove prospettive di azione, le istituzioni nuove cornici collettive.
Soltanto se tutti, nelle organizzazioni come nella società, remano nella stessa direzione e se ognuno di noi trova un ruolo e un senso rispetto alla sfida ecologica e sociale da affrontare, si potrà infatti coltivare la speranza di una sostenibilità davvero trasformativa. E come riuscirci se non mettendo pazientemente in comune dati ed esperienze vissute, ragionamenti e sentimenti, razionalità ed emozioni?
I contributi presenti nel testo sulla comunicazione ambientale
Contributi di Giulia Armuzzi, Federica Bosello, Micol Burighel, Pietro Citarella, Matteo Colle, Emilio Conti, Elisa De Bonis, Giulia Devani, Marcella Felerico, Daniele Fiani, Nicola Giudice, Giorgia Grandoni, Roberta Iovino, Fabio Iraldo, Irene Ivoi, Stefano Martello, Alberto Marzetta, Gloria Milan, Giuseppe Milano, Biagio Oppi, Luca Palestra, Leonardo Parigi, Riccardo Parigi, Luca Poma, Massimiliano Pontillo, Roberto Scalise, Francesca Schirillo, Rossella Sobrero, Donato Speroni, Marco Talluri, Francesco Testa, Massimo Vaccari, Luca Valpreda, Sergio Vazzoler.
Pacini Editore, 2024 ISBN 979-12-5486-359-6