Decimo lunedì dedicato agli approfondimenti firmati dai “protagonisti della sostenibilità”. E’ la volta di Adriano Paolella, Italia Nostra
In un modello economico come quello contemporaneo, in cui l’attenzione si concentra sulle “eccellenze” piuttosto che sui tessuti sociali, ambientali, culturali dove esse si collocano, la conservazione dell’ambiente e dei beni culturali non può essere attuata senza una partecipazione attiva dei cittadini.
La dimensione quantitativa del patrimonio, la sua diversità e diffusione geografica rendono difficile ipotizzare che intervenendo con le attuali disponibilità di spesa si riesca a garantire la qualificata gestione di tutti i beni.
Se, infatti, è possibile ipotizzare il raggiungimento di un equilibrio economico e gestionale per i siti che richiamano elevati flussi di visitatori (ma anche in questo caso vi sono esempi che ne indicano la difficoltà) è difficile presumere che siti, seppure di indiscutibile valore ma che non godano di una elevata visibilità, riescano a generare gli importi necessari alla loro manutenzione e gestione.
Eppure, proprio questi elementi “minori” sono quelli che qualificano il territorio e il paesaggio, caratterizzando i luoghi e contribuendo a salvaguardarne l’identità, e costituiscono una risorsa quando insediamenti e attività venissero strutturati coerentemente con la loro qualificante presenza.
Per procedere alla conservazione di questo diffuso patrimonio è, forse, necessario integrare le consolidate modalità di intervento promuovendo la partecipazione attiva delle comunità alla gestione dei beni.
Così facendo si otterrebbe un equilibrio economico anche al di fuori del mercato, utilizzando il lavoro volontario e auto-organizzato, come parte programmata delle attività e, cosa anche più importante, si recupererebbe la consapevolezza del valore dei beni comuni.
Sulla base di queste riflessioni Italia Nostra ha in atto alcune sperimentazioni tra cui quella con il Comune di Roccamorice per l’Eremo di S.Spirito alla Majella.