Quando si parla di natura urbana il pensiero corre subito agli spazi verdi, gestiti da diverse autorità pubbliche o in collaborazione con i cittadini, piuttosto che ai centri e alle periferie delle nostre città più vivibili e sostenibili. Raramente invece ci si sofferma su quegli spazi di natura spontanea, che riempie i vuoti urbani e costituisce spesso un segnale di abbandono ma che invece può diventare una risorsa preziosa per contrastare la cementificazione delle nostre città.
Il volume sulla natura urbana di Matthew Gandy
La pubblicazione del libro “Natura urbana: Ecological Constellations in Urban Space” scritto da Matthew Gandy, docente di geografia ambientale e culturale all’università di Cambridge, ha aperto il dibattito sulle diverse forme e funzioni che questi spazi di “natura non intenzionale” possono giocare nei contesti urbani. Dalle sterpaglie che crescono sui siti industriali abbandonati all’erba che cresce ai lati dei marciapiedi, le manifestazioni spontanee della natura assumono spesso una connotazione di degrado ma possono costituire, secondo Gandy, dei mini-laboratori per studiare e testare soluzioni innovative in tema di biodiversità urbana.
Allo stesso tempo, questi spazi costituiscono un punto di partenza per riequilibrare il diritto all’accesso a spazi verdi di qualità soprattutto nelle zone più marginali e periferiche delle nostre città. Promuovere strategie pubbliche capaci di valorizzare questi spazi può condurre alla realizzazione di nuovi spazi pubblici aperti alla cittadinanza, anche in compresenza con aree protette come giardini botanici vista la presenza significativa di specie rare che popolano questi ecosistemi spontanei ma particolarmente vulnerabili.
Il Parco Văcăreşti di Bucarest un esempio di biodiversità
Sottrarre spazi al degrado e alla speculazione edilizia è stata spesso la priorità che ha guidato le amministrazioni locali nella valorizzazione di questi spazi naturali che spontaneamente hanno riguadagnato spazio sulla città. L’assegnazione dello status di area protetta al Parco Văcăreşti di Bucarest rappresenta uno degli esempi più significativi in questo senso. La creazione di un bacino artificiale per connettere Bucarest al Danubio e la realizzazione di una serie di edifici pubblici era stata avviata in questo quartiere periferico alla fine degli anni Ottanta. Con la fine del regime di Ceauşescu l’opera è rimasta incompiuta, ma la natura spontanea ha gradualmente riempito questo sito abbandonato che attualmente ospita centinaia di specie di piante e fiori e decine di specie diverse di uccelli. L’attivismo di cittadini, fotografi e naturalisti riuniti in un’associazione attiva nella valorizzazione del parco ha spinto la città a preservare questa area dallo sviluppo edilizio circostante, rendendola un elemento di valore per l’intero quartiere ma anche a livello nazionale: il parco rappresenta infatti l’unica area naturale protetta presente in un’area urbana in Romania.
La valorizzazione degli spazi di cerniera tra centri e periferie è un tema che si incrocia a quello della preservazione dei vuoti urbani e suburbani gradualmente riempiti dalla natura. Passa anche da questi spazi il futuro della relazione tra residenti e contesti cittadini, soprattutto nel nostro paese.
di Simone D’Antonio, giornalista urbano, responsabile Anci/Urbact
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