Oggi 5 giugno è la Giornata mondiale dell’ambiente. Potrei parlare di come si potrebbe ridurre l’intensità e la frequenza dei fenomeni metereologici più estremi, di come intervenire sul dissesto idrogeologico, del fatto che i cambiamenti climatici non li abbiano inventati un gruppo di scienziati pessimisti, di come evitare che una quantità di plastica apocalittica finisca in mare formando un’isola, di come liberarci del petrolio e passare alle fonti rinnovabili.
In occasione della Giornata mondiale dell’ambiente potrei consigliare cosa mangiare in alternativa alla carne, i cui allevamenti intensivi immettono nell’aria più CO2 delle fabbriche, dei mezzi a motore e del riscaldamento pubblico e privato. Di cosa mangiare in alternativa al pesce perché nonostante il fermo pesca tra qualche anno alcune specie non esisteranno più a causa della nostra ingordigia. Di come vestirsi per evitare quel fast fashion che inquina durante la produzione e una volta smaltito le falde acquifere, di come chi realizza quei capi riceve compensi ben al di sotto della sopravvivenza.
Del fatto che l’economia circolare potrebbe salvare un’economia classica che si dimostra ormai superata e che è, sempre di più, nelle mani di pochi potenti, di come i rifiuti, in alcune città italiane, siano trattati come neanche nel terzo mondo, con una percentuale ridicola di raccolta differenziata, con i cassonetti della spazzatura pieni, sporchi e spesso divelti, con discussioni continue sui termovalorizzatori, sui viaggi che spostano l’immondizia da regione a regione o addirittura esportati per creare valore a casa di chi è capace a trasformarli.
Giornata mondiale dell’ambiente, dobbiamo essere capaci
Ho usato il verbo servile potere nell’accezione di “essere capace di” ma noi no, non siamo più capaci di amare questo pianeta, queste città, questi borghi, questo patrimonio naturale, artistico, edilizio che ci circonda. Perfino ad un’ambientalista come me, che ormai da quasi tre decenni tenta di divulgare tips, creare progetti di comunicazione green e proporre articoli per uno stile di vita più sostenibile, che insieme a Massimiliano Pontillo, Direttore Responsabile di Eco in città e Presidente di Pentapolis Communication che edita il magazine sui cui scrivo ha sempre creduto nella possibilità di una vera transizione ecologica, talvolta viene voglia di dire ya basta!, è tutto inutile, la Giornata mondiale dell’ambiente non sarà sufficiente a catalizzare l’attenzione e muoversi prima che sia tardi.
Noi che questo ecosistema lo amiamo e lo rispettiamo siamo solo un pugno di persone, ai capi di Governi del mondo non importa, si riuniscono e si salutano con la promessa di rivedersi, se i mandati verranno rinnovati, alla successiva COP, ma i provvedimenti reali e concreti sono gocce che non bastano più per sanare le ferite che abbiamo provocato ai territori, all’aria, agli animali, ai nostri polmoni, e le amministrazioni locali fanno ormai politica nel senso più vuoto che si possa conoscere.
Allora in questa giornata io voglio solo dedicare alla Terra una poesia, perché ho paura che anche oggi si farà un gran parlare e tutti i colleghi giornalisti pubblicheranno e posteranno usando l’hashtag #giornatamondialedellambiente, ma quelle righe non si tramuteranno in benefici per il nostro habitat, perché da soli siamo troppo deboli, anche se insieme alle tante aziende che hanno messo in campo un cambio di passo non solo per mettersi in vetrina ma perché tengono davvero a fare business a basso impatto.
La pioggia nel pineto di Gabriele D’Annunzio
In occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, dicevo, voglio solo omaggiare il nostro straziato e vilipeso pianeta scegliendo, per una duplice ragione, una poesia di D’Annunzio datata 1902. Intanto perché è stato spesso relegato tra i poeti del ventennio, a torto o a ragione e a me non interessa la questione politica quando c’è di mezzo l’arte perché il rispetto e le azioni per proteggere la Terra non dovrebbero avere coloro ma essere trasversali. Non importa chi detiene il potere in un determinato momento storico, importa solo la salvezza.
L’altra ragione è che il grande autore abruzzese parla di amore e di come l’uomo è esso stesso parte della natura e di come, attraverso la descrizione di un’atmosfera surreale, pian piano i due umani si fondono con ciò che li circonda. Se non rispettiamo il pianeta non rispettiamo noi stessi.
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s’ode voce del mare.
Or s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.
di Marzia Fiordaliso, Direttore Editoriale Eco in città