Il No-Plastic Bag Day vuole riportare l’attenzione su due punti: in primis ricordare quel grande passo avanti della legge che, dal gennaio 2011, vieta il commercio dei sacchetti in plastica, in secundis sensibilizzare, semmai ce ne fosse ancora necessità, sull’importanza di continuare a ridurre l’abuso degli oggetti non biodegradabili.
L’82% degli italiani valuta positivamente l’eliminazione dei sacchetti derivanti dal petrolio dai supermercati ma qualcosa non torna, alcuni esercenti li utilizzano ancora, la domanda sorge spontanea: chi li continua a produrre e mettere sul mercato?
Mari e fiumi: non solo sacchetti di plastica
Una presenza variegata e inquietante popola le nostre acque: anche i bambini conoscono l’isola di rifiuti più grande della Spagna, che a causa delle correnti e dei vortici si è formata nell’Oceano Pacifico; nonostante i numerosi sforzi degli scienziati per tirar via quel mostruoso cumulo di immondizia è ancora tutto lì.
Purtroppo sembra non esistere un settore dell’attività umana dove sia assente la plastica: se guardiamo sulle nostre scrivanie, nella dispensa, nell’auto, tra i cosmetici noteremo che è lei la padrona indiscussa destinata a permanere nell’ambiente per secoli. Sigh!
Lo scorso anno la legge Salvamare ha permesso ai pescatori di riportare a riva la plastica raccolta nelle loro reti da pesca senza pagare alcuna tassa; incredibile prima non era possibile, si sosteneva un costo. Una novità importante per la tutela ambientale e per incentivare comportamenti sostenibili. Pensiamo che ogni giorno un peschereccio raccoglie in media, insieme al pesce pescato, fra i 30 e i 40 Kg di plastica e rifiuti vari.
I consigli per ridurre l’acquisto della plastica
La congiuntura economica poco favorevole, peggiorata dalla pandemia, ha portato ad una contrazione dei consumi, ma comprare meno non è sempre sinonimo di azione green. Mi spiego. Gli italiani stringono la cinta ma, sovente, riflettono poco su ciò che acquistano, per risparmiare nel carrello finiscono oggetti iper inquinanti: una quantità di materiale fabbricato all’estero, senza leggi a protezione dell’ambiente, riempie le nostre abitazioni, dalla cancelleria in plastica all’abbigliamento usa e getta, dal packaging del cibo ai detersivi aggressivi ma in offerta.
Come si fa a non impattare e nel contempo a non azzerare il conto? Si deve imparare ad acquistare, laddove possibile e senza stress, in modo diverso. Alcuni consigli.
I contenitori per la spesa
I sacchetti biodegradabili possono andare ma difficilmente sono riutilizzabili (per la raccolta dell’organico si), meglio allora quelli in carta che però non essendo troppo resistenti lasciano il podio alle buste in tessuto: hanno lunga vita, prezzi amici e sono lavabili, questo se il carrellino della spesa vi appare demodè oppure siete maschi e non vi ci vedete proprio.
Il cibo sfuso
Nella top ten dei cibi eco ecco lo sfuso. Si può iniziare con frutta e verdura non imballata (meglio se acquistata bio e direttamente dal produttore) ma sono nati tanti negozi in cui tutto è venduto a peso: pasta, riso, cereali, legumi, spezie, infusi, farine, alimenti per animali. Possiamo portare da casa il contenitore. Un figurone con qualche barattolino di vetro ma altrimenti verrà confezionato in bustine di carta etichettate con il nome del prodotto.
Lo spazzolino da denti
Andrebbe cambiato ogni tre mesi a causa dei batteri che si depositano nelle setole e a causa delle stesse setole che deformandosi non svolgono più la loro funzione, costa poco e gettarlo non produce sofferenza, o meglio non a noi ma al pianeta si (servono 500 anni affinché scompaia dalla faccia della Terra). Da qualche anno alcuni spazzolini permettono la sostituzione della solo testina, niente è niente qualcosa è qualcosa (stesso discorso anche per le lamette per la depilazione); ottimi quelli in bambù, hanno un solo difetto: se non asciugati bene l’impugnatura poggiata nel bicchiere marcisce ergo asciugare bene dopo l’uso. Resta il discorso spazzolino elettrico, costa tanto (va ricaricato) è di plastica ma dura anni e anni (a parte il cambio delle setole). Non lo escluderei.
Packaging vade retro
Dovrebbero eliminarlo già le aziende o quanto meno ridurlo invece è un pezzo forte tra gli scaffali; i più bravi si recheranno al mercato o direttamente dal contadino per frutta e verdura di stagione, eviteranno di mettere nel carrello cibi già cucinati pieni di additivi e conservanti, premieranno i produttori dello sfuso, eviteranno l’acquisto dell’acqua in bottiglia (se proprio si ama si può sostituire con quella distribuita dalle case dell’acqua sparse ormai un pò in tutta Italia).
Detersivi inquinanti no grazie
Dobbiamo stare attenti alle spese eppure riempiamo la zona di casa per le pulizie di ogni genere di prodotto super pulente nemmeno le nostre abitazioni fossero capanne abbandonate. Prima regola: non entrare con le scarpe, ebbene si come i giapponesi (loro le lasciano fuori della porta) impariamo a non camminarci nelle stanze adibendo un angoletto alla sostituzione con le pantofole. Seconda regola: lavarsi le mani appena si torna. Intanto milioni di batteri in meno colonizzeranno le superfici. Fatto ciò quasi tutto si può pulire con bicarbonato e aceto. Oppure comprare un solo detersivo ecobio da diluire, valido per ogni pulizia. Si può realizzare da soli il sapone per i piatti.
Cosmesi etica
Nota dolente sono i contenitori, si sono riciclabili ma se li eliminassimo saremo premiati come cittadini green dell’anno. Bè no magari non accadrà ma potremo considerarci paladini dell’ambiente, a nostro insindacabile giudizio (ma anche secondo il parere di Eco in città) se sostituissimo man mano molti detergenti con quelli privi di packaging o con imballaggio di innocua carta: nella catena Lush tutto è da sempre privo di involucro, ma ormai tante aziende etiche producono shampoo, struccante viso, bagnoschiuma, balsamo, intimo, deodorante e io preparo da me un’ottima crema corpo solida con soli quattro ingredienti, scrivetemi per la ricetta a info@ecoincitta.it.
Novamont: una rivoluzione green con il Mater-Bi®
Un’azienda che ha dato forte impulso alla transizione ecologica è stata la Novamont che con il marchio Mater-Bi® produce e commercializza un’ampia famiglia di bioplastiche innovative, ottenute grazie a tecnologie proprietarie nel campo degli amidi, delle cellulose, degli oli vegetali e delle loro combinazioni, che trovano applicazioni in svariati settori:
- raccolte differenziate;
- catering;
- GDO;
- packaging;
- in agricoltura;
- nell’ambito dell’igiene.
Le bioplastiche sono materiali con caratteristiche e proprietà d’uso del tutto simili alle plastiche tradizionali ma, al tempo stesso, biodegradabili e compostabili: diminuiscono le emissioni di gas ad effetto serra, riducono il consumo di energia e di risorse non rinnovabili, completano un circolo virtuoso.
I passi avanti sono fattibili: li possono compiere le aziende, li possiamo compiere noi come singoli, possono essere opera di intraprendenti associazioni e naturalmente devono essere promulgate leggi adeguate per proteggere l’unico pianeta attualmente abitabile…in attesa di capire se Marte vorrà ospitarci.