Gli insetti di Roma di Fulco Pratesi, Presidente onorario WWF Italia

Per i Lunedì d’Autore Gli insetti di Roma di Fulco Pratesi, Presidente onorario WWF Italia

Quando si parla di insetti in città, il pensiero va subito alle zanzare, alle mosche, alle blatte e ad altri fastidiosi ospiti delle nostre case.
Eppure basta girare per Roma a piedi per cogliere i segnali che tante piccole creature ci inviano. Poche sere fa, ad esempio, nel mio garage ho sorpreso il volo leggero di una grande falena attorno a una lampada al neon. Le grandi ali superiori brune marmorizzate e le inferiori di un bel rosso vivo, me l’hanno fatta riconoscere come un catocala. Non si sa come questa vistosa farfalla notturna legata alle foreste di latifoglie sia arrivata in questo buio antro cementizio.
Le scoperte entomologiche che negli anni mi hanno sorpreso in città non sono poche: come la bellissima vanessa antiopa amante dei pioppi e salici che volava sul Lungotevere Sanzio, o come lo scuro e minaccioso cerambice della quercia che vagava recentemente su un vetusto leccio. Una presenza rara ma non gradita, dato che le larve di questo longicorne sono le responsabili delle stragi di lecci e di altre essenze quercine nei viali e nei parchi cittadini. O come la grande bellissima polifilla (o scarabeo dei pini) trovata morta in una via del Quartiere Pinciano, intitolata al grande Linneo.
Sotto le possenti querce di Villa Borghese si nascondono le larve dello scarabeo rinoceronte che non è raro veder volteggiare, nonostante la mole, attorno ai lampioni notturni nei Parchi storici maggiori. Mentre è ormai rarissimo, se non estinto, lo scarabeo eremita – un tempo presente sugli alberi più antichi – di cui parla Antonio Canu nel suo recente Roma selvatica, edito da Laterza.
Infine il Roseto Comunale di Valle Murcia all’Aventino ospita l’iridescente cetonia verde dorata che si nutre nel cuore delle grandi rose che lì fioriscono.
Ma anche nel minimo eden del Giardino Comunale di Villa Balestra che frequento spesso, non mancano gradite sorprese primaverili. Oltre al frinire delicato delle cicale, grazie alla presenza di arbusti di alaterno nella macchia che precipita sul Viale Tiziano, in primavera è facile ammirare le belle farfalle Cleopatra dalle ali gialle e arancione, i cui bruchi vivono proprio su questa pianta.
Nel prato che resiste alla mancanza di annaffiature tripudiano tante deliziose piccole licene dalle ali color cielo che ne ingentiliscono l’arida distesa.
Anche in pieno inverno, quando il sole splende, attorno al limone del mio terrazzino volteggiano leggere le vanesse Atalanta che si erano rifugiate in qualche anfratto per sfuggire al gelo invernale, sfoggiando le ali rosse e brune con macchie nere e bianche.
In ogni stagione, poi, capita di vedere candide farfalle volare nell’inferno del traffico.
Si tratta della comune cavolaia inviata candida degli orti – tra il rombo turbinoso cittadino come la descrive il poeta crepuscolare Guido Gozzano nelle sue Epistole entomologiche.
Una farfalla intrepida che sopravvive incredibilmente nella nostra giungla d’asfalto portando un soffio di primavera tra il cemento, l’asfalto e le lamiere roventi.