Presentato il 9° Rapporto “La Bioeconomia in Europa” redatto dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo con il Cluster SPRING e ASSOBIOTEC – Federchimica. I cambiamenti climatici e le gravi e tangibili conseguenze rendono sempre più importante il ruolo della Bioeconomia, il sistema di settori che utilizza le risorse biologiche, inclusi gli scarti, per la produzione di beni ed energia.
Il Rapporto contiene una stima aggiornata al 2022 del valore della produzione e degli occupati della Bioeconomia: al primo posto si riconferma la Germania per valore della produzione (583,3 miliardi di euro) e per numero di occupati (2,2 milioni di persone). In termini di output la Francia si posiziona al secondo posto (452 miliardi di euro), seguita da Italia (415,3 miliardi) e Spagna (289,2 miliardi). Per quanto riguarda l’occupazione invece l’Italia si posiziona al secondo posto (circa 2 milioni di occupati), seguita da Francia (1,9 milioni) e Spagna (1,6 milioni).
La Bioeconomia rappresenta un’importante risposta per promuovere modelli produttivi che preservino le risorse del pianeta. La ricerca e lo sviluppo di soluzioni bio-based costituisce una leva strategica di successo anche per le imprese dei settori tradizionali del Made in Italy, come il tessile-abbigliamento – ha commentato Gregorio De Felice, Chief Economist and Head of Research di Intesa Sanpaolo – Questa filiera, come emerge dalle nostre analisi, mostra infatti una crescente attenzione alle tematiche ambientali, che coinvolgono tutta la catena del valore, dall’utilizzo di input biologici, fino alla valorizzazione e al riuso degli scarti. La filiera del tessile presenta infatti un alto potenziale di circolarità che all’oggi risulta solo in parte sfruttato. È dunque opportuno che le best practice già in parte adottate si diffondano ulteriormente, sia fra le aziende sia fra i consumatori. In prospettiva l’attenzione a questi temi diventerà imprescindibile come leva strategica per il nostro tessuto produttivo.
9° Rapporto sulla Bioeconomia, cresce l’Italia
Nel 2022 è proseguita la crescita della Bioeconomia in Italia, che ha così raggiunto l’11% sul valore dell’output totale, in netto aumento rispetto 2019. Un ruolo di primo piano è attribuito al settore agroalimentare che rappresenta in tutti i paesi analizzati la filiera più rilevante della Bioeconomia che è comunque trasversale su attività differenti.
La bioenergia e i biocarburanti rappresentano solo l’1% della Bioeconomia in Italia. I carburanti alternativi (biocarburanti e carburanti sintetici) possono rappresentare un’interessante area tecnologica di sviluppo per la decarbonizzazione, utilizzabili come sono in special modo per i trasporti aerei e marittimi ma anche per i settori ad elevate emissioni, come acciaio, cemento.
La Bioeconomia circolare è un aggregato complesso che comprende l’agricoltura, la silvicoltura, il sistema moda, i bio-prodotti, il legno, la carta, fino ai rifiuti organici, alla bio-energia e alla chimica bio-based. La Bioeconomia si conferma un meta-settore rilevante per la nostra economia che potrà avere prospettive di rigenerazione ambientale e sociale ben più rilevanti, qualora saremo in grado di riconoscere il suo valore all’interno della legislazione europea sulla transizione ecologica e del PNRR – afferma Catia Bastioli, Presidente Cluster SPRING – Fondamentale sarà promuovere l’interconnessione di quelle filiere che hanno già dimostrato di essere in grado di disaccoppiare sviluppo e uso delle risorse, integrando economia ed ecologia in una strategia industriale saggia e sistemica con le radici nei territori, che comprenda spazi anche per l’innovazione partecipata.
Il tessile in Italia dalla produzione allo smaltimento
Oltre allo strapotere della Cina in fatto di produzione tessile va sottolineata la crescita delle fibre chimiche, con gli input e i filati bio-based che hanno visto ridimensionare il proprio ruolo. Nel complesso del commercio internazionale la quota di fibre, filati e tessuti che utilizzano materie prime naturali è scesa nel 2018-19 al di sotto del 15% del valore complessivo.
Nel 2022 la filiera italiana del tessile ha raggiunto 63,5 miliardi di euro di fatturato (l’1,5% del totale e il 5,5% del manifatturiero) occupando circa 300 mila addetti, l’8% degli addetti totali della manifattura italiana. Buon posizionamento in termini di produzione bio-based: la quota di produzione di natura bio in Italia supera il 46%, a fronte di valori inferiori al 40% per gli altri paesi europei. L’indagine Tagliacarne, Unioncamere, Cluster Spring rileva che oltre il 40% dei soggetti intervistati del settore tessile-abbigliamento vorrebbe ampliare le proprie produzioni bio-based nei prossimi 3 anni.
I rifiuti tessili prodotti dalla filiera della moda risultano pari a 510.000 tonnellate a livello europeo e il Bel Paese è quello che raccoglie di più, 200.000 tonnellate. La componente di rifiuti tessili raccolti presso le famiglie è in crescita in tutti i paesi esaminati, nonostante l’assenza di obblighi normativi, che scatteranno, in Europa, dal 1°gennaio 2025. Dal 2022 è stato introdotto in Italia l’obbligo di raccolta differenziata per i rifiuti tessili post-consumo, anticipando la tempistica europea.