Intervista a Paolo Di Cesare, Co-Founder Nativa, di Massimiliano Pontillo, Direttore Eco in città

Paolo Di Cesare è un imprenditore con oltre 20 anni di esperienza anche nelle strategie di sostenibilità in vari settori industriali. Co-fondatore di Nativa, prima B Corp e Benefit Corporation in Europa, che opera affinché l’Italia diventi il punto di riferimento al mondo in Innovazione Sostenibile. E’ Vicepresidente di The Natural Step Italia, co-fondatore di Singularity University Italia e di molte aziende nel campo dell’education, comunicazione, e-commerce, finanza, consulenza e co-working.

1) Qual’è stata per decenni l’unica finalità delle imprese, scritta nei relativi statuti?

Il business è una tecnologia inventata dall’uomo e come tale ha le proprie regole di funzionamento, un sistema operativo. La regola di base è basata su un’equazione estremamente semplice e che ne ha decretato il successo: gli amministratori sono eletti dagli azionisti e da essi ricevono la piena autorità per gestire l’impresa; questa autorità è soggetta all’unica finalità per cui l’impresa nasce: creare un ritorno finanziario per gli azionisti secondo obblighi fiduciari e di fedeltà. Questo paradigma è spesso chiamato “primato degli azionisti”.
Gli stakeholder, o più in generale la società e l’ambiente, non sono contemplati in questa equazione. Sono state promulgate leggi che stabiliscono le regole, esistono imprenditori e manager che pongono grande attenzione alle persone, alle comunità in cui le loro imprese operano così come all’impatto ambientale che determinano. Tuttavia, codice civile alla mano, l’unico scopo per cui l’azienda esiste è la distribuzione dei dividendi agli azionisti.

2) Quali conseguenze ha avuto per l’ecosistema il “primato degli azionisti”?

Come conseguenza, a tendere, è inevitabile un sistematico degrado della società e dell’ambiente, semplicemente perché questi ‘fattori’ non fanno parte dell’equazione. I sistemi ambientali sono in rapido e costante declino, anche perché ad un’azienda oggi è permesso fare profitti anche se questi derivano dall’avere causato un danno sociale o ambientale, che fino ad oggi non è stato né misurato né contabilizzato.
Ad esempio, è legale produrre combustibili fossili, ma la scienza ci dimostra che sono milioni, ogni anno, le persone che muoiono per le conseguenze dirette del loro utilizzo e di come siano una delle cause principali del cambiamento climatico.
Cosa potrebbe accadere se l’equazione alla base del business includesse anche gli altri portatori di interesse e prevedesse la misura del beneficio apportato nei loro confronti con lo stesso rigore con il quale viene misurato il ritorno degli azionisti? Qualche anno fa alcuni imprenditori americani hanno cominciato a rispondere a questa domanda con lo scopo ultimo di far compiere un salto evolutivo alla tecnologia che esprime la forza più potente sul nostro pianeta: il business.

3) Quando nasce il Movimento B Corp?

Il Movimento delle B Corp è nato nel 2006 negli USA, quando alcuni imprenditori decisero che era indispensabile tentare di cambiare il modello dominante e di promuovere una radicale evoluzione del capitalismo come lo conosciamo oggi. Le BCorp rappresentano il modello più evoluto al mondo in termini di azienda sostenibile e rigenerativa. Costituiscono un movimento globale che ha l’obiettivo di diffondere un paradigma economico più evoluto, che vede le aziende come protagoniste nel rigenerare la società e la biosfera. La visione del movimento

globale delle B Corp è di innescare una competizione positiva tra tutte le aziende, perché siano misurate e valutate nel loro operato secondo uno stesso metro: l’impatto positivo sulla società e il pianeta.

4) Cos’è il B Impact Assessment?

L’organizzazione non profit B Lab ha sviluppato, con il sostegno di grandi fondazioni, il più robusto e diffuso protocollo al mondo di misura degli impatti, il B Impact Assessment (BIA).
Lo strumento fornisce indicazioni sulla performance economica, sociale e ambientale dell’azienda prendendo in considerazione 5 macro aree di analisi: governance, comunità, persone, ambiente e modello di business. L’analisi consente di ottenere una misura numerica, compresa tra 0 e 200 punti, dell’impatto prodotto dall’impresa, il suo profilo d’impatto e le aree di possibile miglioramento. Le aziende che superano il punteggio di 80/200, una volta certificata l’analisi attraverso una verifica da parte del team di Review di B Lab, vengono premiate come Certified B Corp®.
Ogni impresa nell’esercizio della propria attività economica utilizza delle risorse come input e restituisce del valore per i propri stakeholder come output. Il punteggio di 80 punti rappresenta il punto di pareggio, oltre il quale l’azienda sta creando valore diffuso non solo dal punto di vista economico ma anche sociale e ambientale, secondo una prospettiva di Triple Bottom Line.
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5) Quante aziende lo hanno adottato?

Il BIA è uno strumento di analisi disponibile online (www.bimpactassessment.net) già adottato da più di 120.000 aziende nel mondo appartenenti a 150 settori.
Ad oggi, le oltre 120.000 aziende che hanno condotto l’analisi hanno raggiunto un punteggio medio di 51 punti e solo 3.500 hanno superato il punteggio minimo di 80, a dimostrazione che l’attività di impresa nasce su presupposti molto diversi.

6) La vera sfida è passare da un modello estrattivo ad uno rigenerativo. E’ sostenibile?

Oggi l’umanità è nel mezzo di un modello economico che consuma energie e risorse, mentre produce impatti sia positivi che negativi sulle persone e impatti esclusivamente negativi sul pianeta e sugli ecosistemi. Fino a poche settimane fa avevamo raggiunto un consenso forte sul fatto che sostenibilità fosse ovvia e ineluttabile. Lo stato di emergenza climatica in decine di paesi, il green new deal, l’imperativo di passare da un modello economico insostenibile a uno sostenibile erano chiari e conclamati. Per definizione, se qualcosa non è sostenibile non è progettato per durare nel tempo, è impossibile che possa continuare: modelli energetici fondati sul fossile, agricoltura che uccide materia organica nel suolo, una contabilità che ammette la creazione di valore e la distribuzione di dividendi senza avere prima contabilizzato tutti i costi ambientali e sociali dell’attività stessa. Questi sono esempi di modelli consolidati che è indispensabile trasformare nel profondo, immediatamente. Evolvere da paradigmi economici ‘estrattivi’ a ‘rigenerativi’, al servizio degli esseri umani e della vita sulla terra è probabilmente la più importante sfida nella storia dell’umanità. I modelli estrattivi prendono più valore di quanto ne generino e lo concentrano sempre di più, mentre molti altri esseri umani e i sistemi ambientali si depauperano sempre di più.
Per contro, in un paradigma rigenerativo, i sistemi economici e in primo luogo le aziende sono progettati ed agiscono per creare valore condiviso nella società e per rigenerare la biosfera. Se ci pensiamo bene, non dovrebbe essere ammissibile nulla di diverso da questo. Un’attività economica che prenda più valore di quanto ne crei dovrebbe essere illegale.

7) Quando è entrato in vigore in Italia lo status di società benefit? E quante aziende hanno aderito alla sua vision?

Nel 2016 l’Italia è diventato il primo stato sovrano al mondo a introdurre lo status giuridico di Società Benefit (o Benefit Corporation). Permette di riconoscere le aziende a duplice finalità, quelle che intendono perseguire finalità di impatto positivo su società e ambiente oltre al profitto. Supera il tradizionale monoteismo capitalista che stabilisce nel profitto l’unica finalità di un’impresa. Più di 500 aziende italiane hanno scelto di modificare il loro status legale da semplici SRL o SPA, acquisendo la qualifica di Società Benefit. Aziende come Aboca, Alessi, Chiesi Farmaceutici, Davines, Fratelli Carli, Illycaffè, Save the Duck, Nativa, Damiano, Assimoco, Danone Italia, AFAM-Farmacie Fiorentine, Little Genius, Zordan, Antica Erboristeria, D-Orbit, Panino Giusto, Maganetti .. hanno deciso di proteggere la loro vocazione e ufficializzare l’impegno delle loro organizzazioni nel perseguire obiettivi di Bene Comune: hanno introdotto ufficialmente la considerazione degli stakeholder nelle loro governance.

8) L’attuale emergenza sanitaria che fotografia ci ha dato dell’industria italiana?

In questo periodo di crisi sanitaria e sociale moltissime aziende stanno mostrando il volto migliore dell’imprenditoria Italiana e stanno contribuendo attivamente con azioni concrete e donazioni a supportare le comunità in cui operano. Ma perchè non farlo anche fuori dai momenti di crisi? Perchè non farne una caratteristica chiave e continuativa del proprio operato?
Tutte le aziende italiane, pubbliche e private, hanno la grande opportunità di compiere questo passo evolutivo e contribuire così alla grandi sfide sociali e ambientali del nostro secolo. Senza il business non riusciremmo ad affrontarle. Con le società benefit potremo vincerle.

9) Sarà possibile attivare un nuovo Rinascimento?

Immaginiamo per un momento che tutte le aziende del mondo fossero ispirate in un sol colpo a trasformarsi in Benefit Corporation. Che siano chiamate ad esprimere la propria vocazione e a trascriverla nello Statuto dell’impresa come un impianto di DNA. Che siano così chiamate a bilanciare l’interesse degli azionisti e l’interesse degli altri portatori d’interesse e a pianificare azioni volte a perseguire questa vocazione.
Assisteremmo probabilmente alla più grande ondata di innovazione nella storia dell’umanità, al più grande impatto positivo sulla società e nella biosfera, a un nuovo Rinascimento.
Sono convinto che le Benefit Corporation rappresentino l’inizio di una rivoluzione e che presto le aziende NON benefit perderanno la licenza di operare, non importa se da parte del legislatore o dei consumatori o da altri stakeholder.
Quello che per me è certo è che accadrà presto.

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