L’attuale ritmo di estinzione delle specie animali e vegetali è considerato da 100 a 1.000 volte superiore a quello registrato in epoca pre-umana. Gli scienziati ritengono che siamo di fronte alla sesta estinzione di massa, questa volta per cause antropiche, persino superiore a quella che ha segnato la fine dei dinosauri, 65 milioni di anni fa. Dal 1500 a oggi, le specie estinte documentate sono 765, di cui 79 mammiferi, 145 uccelli, 36 anfibi. Attualmente le estinzioni procedono al ritmo di un numero compreso tra 10 e 690 specie per settimana.
Di tutte le estinzioni, il 75% è stato causato da un eccessivo sfruttamento delle specie (caccia, pesca, commercio illegale di piante e animali), dalla distruzione degli habitat per infrastrutture o per avere nuovi campi per l’agricoltura, dall’agricoltura intensiva. Altre cause sono l’inquinamento e l’introduzione di specie aliene invasive. Gli scienziati dicono che il cambiamento climatico aumenterà i suoi effetti negativi sulla biodiversità ma già adesso si contano estinzioni legate al caos climatico, soprattutto tra gli anfibi.
Non è solo l’estinzione (ossia la scomparsa dell’ultimo individuo di un gruppo che per definizione è raro) delle specie che preoccupa la comunità scientifica, ma la diminuzione del numero totale di animali. Negli ultimi 25 anni le popolazioni degli animali selvatici si sono dimezzate. Secondo la “lista rossa” dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), sono minacciati di estinzione 1.199 Mammiferi (il 26% delle specie descritte), 1957 Anfibi (41%), 1.373 Uccelli (13%) e 993 Insetti (0,5%).
Per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla perdita di biodiversità, il 22 maggio di ogni anno le Nazioni Unite celebrano la Giornata Mondiale della Biodiversità, per ricordare l’entrata in vigore della Convenzione per la Diversità Biologica (CDB), avvenuta il 22 maggio 1993. Il venticinquesimo anniversario è un’occasione per celebrare i risultati della Convenzione, comunicare al mondo l’importanza della biodiversità e stimolare e promuovere ulteriori sforzi finalizzati al raggiungimento del Piano Strategico per la Biodiversità 2011-2020 e gli impegni connessi, compresi gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, approvati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nell’ambito di Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Un’indagine condotta in 16 Paesi, dall’America meridionale all’Indonesia, afferma che il 25% delle 625 specie di primati oggi conosciute è in pericolo di estinzione, soprattutto a causa della caccia e del commercio illegale. Centinaia di leopardi delle nevi vengono uccisi ogni anno nelle montagne dell’Asia centrale, minacciando questo solitario e inafferrabile felino, di cui sono rimasti circa 5 mila esemplari. Il bucero dall’elmo, un corpo di oltre un metro e apertura alare di oltre due metri, che si trova principalmente in Indonesia, Borneo e Thailandia, ha un solido becco rosso che è venduto come “avorio rosso” sul mercato nero, a prezzi molte volte maggiore dell’avorio di elefante. Dal 2011 il bracconaggio del bucero è cresciuto nutrire la domanda cinese per l’avorio da intaglio, anche se il commercio è illegale, fino a farlo diventare una specie a rischio di estinzione. Intanto la caccia, nonostante i divieti imposti da leggi nazionali e internazionali, continua ad essere una grave minaccia per centinaia di specie di mammiferi – dagli scimpanzé agli ippopotami ai pipistrelli – la cui carne entra nel menu di consumatori locali e turisti senza scrupolo.
La situazione non è migliore – e forse anche meno conosciuta – per i pesci, la cui principale minaccia è la cattura eccessiva causata dalla pesca industriale.
Anche la ricchezza della biodiversità italiana è seriamente minacciata e rischia di essere irrimediabilmente perduta, a causa della distruzione degli habitat e della loro frammentazione e degrado, l’invasione di specie aliene invasive, le attività agricole, gli incendi, il bracconaggio, i cambiamenti climatici. Dai dati dell’Annuario dei dati ambientali ISPRA emerge che – per quanto riguarda il grado di minaccia delle 672 specie di Vertebrati valutate nella recente “Lista Rossa IUCN dei Vertebrati Italiani” (576 terrestri e 96 marine) – 6 sono estinte nel territorio nazionale in tempi recenti: due pesci, lo storione comune e quello ladano; tre uccelli: la gru, la quaglia tridattila, il gobbo rugginoso; e un mammifero, il pipistrello rinolofo di Blasius.
Le specie minacciate di estinzione sono 161 (138 terrestri e 23 marine), pari al 28% delle specie valutate. Considerando che per il 12% delle specie i dati disponibili non sono sufficienti a valutare il rischio di estinzione e assumendo che il 28% di queste sia minacciato, si stima che complessivamente circa il 31% dei Vertebrati italiani sia minacciato. Il 50% circa delle specie di Vertebrati italiani non è a rischio di estinzione imminente.
L’analisi dei principali settori produttivi indica che i fattori legati all’agricoltura incidono per il 70 percento negli scenari di perdita di biodiversità terrestre. Affrontare le tendenze e gli scenari nei sistemi alimentari globali è quindi cruciale nel determinare se i piani strategici per la biodiversità 2011-2020 e post 2020 potranno avere successo. Le soluzioni per raggiungere sistemi agro-alimentari sostenibili includono aumenti ‘sostenibili’ di produttività, attraverso il ‘restauro’ dei servizi ecosistemici nelle aree agricole, la riduzione degli sprechi e delle perdite alimentari e il cambiamento dei nostri modelli di acquisto e consumo di cibo, fibre, cosmetici e altri prodotti non alimentari di origine agricola.
L’ISPRA, che partecipa con tre rappresentanti alle attività dell’Osservatorio Nazionale sulla Biodiversità e ne assicura la Segreteria, ha in particolare curato la messa a punto di una serie preliminare d’indicatori della Strategia Nazionale per la Biodiversità, che il Comitato paritetico per la Biodiversità ha approvato nel 2013 e che è costituito, nella sua prima fase, da 13 indicatori di stato e 30 indicatori di valutazione.
Molto resta da fare sul lato della comunicazione e dell’informazione, per evidenziare il valore della biodiversità e del “capitale naturale”. Oltre al valore intrinseco, infatti, la biodiversità è importante perché è fonte per l’umanità di beni e servizi, diretti e indiretti, indispensabili per la sua sopravvivenza e la sua prosperità. Questi beni e servizi sono stati distinti in quattro categorie: servizi di fornitura, quali gli alimenti, l’acqua dolce e altre materie prime come il legno, le medicine; servizi di regolazione, tra cui il mantenimento della fertilità del suolo, l’impollinazione delle colture da parte degli insetti, la regolazione del ciclo dell’acqua, la prevenzione dell’erosione dei suoli e il controllo del clima; i servizi legati agli habitat, i quali custodiscono la diversità genetica all’interno delle specie e sostengono i cicli di vita delle stesse specie che ospitano; i servizi culturali, che includono i benefici non-materiali, quali la ricreazione e il turismo, l’istruzione e le esperienze spirituali e culturali legate alla fruizione e al ricordo di una specie, di un habitat o di un paesaggio.
La protezione della biodiversità e dei servizi ecosistemici deve diventare una responsabilità condivisa, con azioni coordinate tra la comunità della conservazione della natura e di altri settori produttivi, dal turismo all’agricoltura, dall’energia ai trasporti, dall’industria all’edilizia.
I cittadini di ogni parte del mondo hanno bisogno di capire meglio il pieno valore della natura per garantirne la protezione e l’uso sostenibile. Riconoscere l’enorme importanza della biodiversità e della natura per tutte le attività economiche fornisce una ragione politica ed economica in più per perseguire la conservazione della biodiversità e la protezione della natura e arrestare questo grave declino dell’integrità biologica del pianeta.