Per i Lunedì d’autore “La conservazione del patrimonio storico culturale nelle nuove politiche urbane europee” di Mario Parini, Presidente Nazionale Italia Nostra
La popolazione planetaria tende a concentrarsi nelle aree urbane e le previsioni ipotizzano una consistente crescita quantitativa degli insediamenti esistenti.
Seppure questa condizione interesserà maggiormente i Paesi a maggiore crescita demografica o quelli in cui le variazioni dell’assetto produttivo siano in veloce evoluzione (si pensi alla dimensione dei Paesi di più recente industrializzazione) anche l’assetto insediativo europeo, e in particolare quello italiano, non saranno avulsi da tali fenomeni.
In ragione di tale ipotesi e della necessità di rispondere adeguatamente ad essi, le politiche europee vanno nella direzione di facilitare la vita urbana.
Da qui il programma Smart City, un programma leggero, deproblematizzato, innovativo, che in primo luogo stimola un uso diffuso della tecnologia per razionalizzare le disfunzioni gestionali e facilitare la quotidianità degli abitanti.
Se da un lato avere posto al centro dell’interesse il miglioramento della vivibilità urbana è un punto di attenzione stimolante che, comunque, invita ad una riflessione troppo a lungo ritenuta marginale, il programma non declina le sue modalità attuative su conformazioni insediative specifiche quale quella del nostro Paese.
Le città oggetto degli interventi in atto sono mostrate quali aggregazioni senza valore in cui la qualità, non essendocene una propria da conservare o riqualificare, si ottiene attraverso un incremento dell’efficienza del funzionamento dell’aggregato stesso.
Questa condizione operativa fondamentale, ma non esaustiva, del vivere urbano apre due tipi di problematiche.
La prima connessa a nuove modalità di funzionamento (ci si riferisce, ad esempio, all’abuso dei supporti informatici o dell’uso delle fruizioni virtuali) ma anche a modificazioni funzionali che necessiterebbero di nuove spazialità (ad esempio mobilità e energia), azioni queste che se su di un tessuto edilizio post bellico potrebbero comportare problemi limitati; sicuramente comporterebbero adattamenti dei centri storici e del patrimonio da valutare con attenzione.
La seconda è che al rafforzamento delle conurbazioni corrisponde un indebolimento del tessuto insediativo diffuso e ciò implica, in Italia, l’indebolimento di una componente centrale della cultura e del paesaggio del Paese contenitore di parte rilevante del patrimonio storico culturale e della sua identità. La carenza di una politica di ponderazione dei finanziamenti in questo senso è una superficialità che può nuocere all’assetto culturale e sociale.
Queste brevi riflessioni tendono a indicare come l’interesse nei confronti di tali innovativi programmi sia indiscutibile ma quanto sia opportuno trovare l’esatta dimensione operativa degli interventi all’interno di un progetto culturale che mantenga l’identità culturale ponendo attenzione nei confronti di quei beni unici che hanno caratterizzato il nostro Paese e ne costituiscono la principale qualità e risorsa.