Massimiliano Pontillo, Direttore Responsabile Eco in città, ha intervistato alcuni tra i candidati delle prossime elezioni politiche del 25 settembre che, in ambiti diversi, si sono sempre occupati di ambiente e sviluppo sostenibile.
Iniziamo con Rossella Muroni, deputata ecologista e candidata alla Camera per il centrosinistra nel collegio uninominale Roma 03, ossia i Municipi V e VI della Capitale.
Qual è il Vostro programma per impegnare in modo efficiente ed efficace le ingenti risorse messe a disposizione dall’Europa?
Il Pnrr, tra Recovery fund e fondo complementare, mette oltre 68 miliardi sulla rivoluzione verde. Premesso che un investimento così sostanzioso sull’ambiente è inedito, nel Piano che l’Italia ha consegnato a Bruxelles i saldi sono a mio giudizio sbilanciati. Sul fronte energetico, ad esempio, investe più sull’idrogeno verde che sulle fonti rinnovabili e c’è troppo poco per l’economia circolare, o per una gestione sostenibile e integrata dell’acqua. Idem dicasi Parchi e capitale naturale.
L’arrivo effettivo di queste risorse è vincolato agli interventi e alle misure previste dal Piano e soprattutto al raggiungimento di specifici e concordati obiettivi e milestone. Tutto ciò premesso, il Pnrr è una grande opportunità per il nostro Paese. Che va aperta alla partecipazione. Le misure e gli interventi previsti, infatti, andranno monitorati e ci sarà bisogno di valutare il loro impatto anche dal punto di vista sociale. Penso che nessuno meglio del Terzo Settore possa svolgere questo compito strategico ed è una delle mie proposte sul tema. E al servizio della conversione ecologica credo possano e debbano essere utilizzati anche parte dei fondi del bilancio pluriennale europeo.
In questo momento siamo in piena crisi energetica, con costi stratosferici delle bollette che stanno mettendo in seria difficoltà imprese e cittadini. Come pensate di affrontare e risolvere la situazione?
L’insostenibilità dei prezzi delle bollette di luce e gas richiede azioni urgenti a sostegno di famiglie e imprese, ma anche risposte strutturali al problema.
Nell’immediato bisogna partire da un bonus sociale forte e con una fascia Isee di accesso più ampia dell’attuale, un tetto al prezzo del gas e un credito di imposta adeguato per le imprese che hanno subito pesanti aumenti dei costi. Le risorse si possono trovare da una più alta e giusta tassazione sugli extra-profitti delle aziende energetiche fossili ed estrattive. È lì che bisogna concentrarsi.Se per una risposta complessiva e comprensiva del price cap soltanto l’Europa può pensarci, nell’immediato a livello nazionale molto si può e si deve fare. Sostenendo, come dicevo, cittadini e imprese e attivando politiche virtuose sulle rinnovabili, sull’efficienza e sul risparmio energetici.
Visto che il caro bollette pesa di più su famiglie in situazione di disagio e imprese in difficoltà, bisogna agevolare il ricorso alle fonti pulite e alle comunità energetiche, su cui purtroppo i decreti attuativi sono in ritardo. Misure, queste, che vanno promosse anche in città e grazie alle quali possiamo ridurre l’inquinamento, renderci indipendenti all’approvvigionamento di gas dall’estero e aiutare sia i cittadini che il mondo produttivo. Creando nuovi posti di lavoro e crescita economica
Che ne pensa di una legge per il clima?
Credo debba essere una priorità per il prossimo Parlamento. Per rendere vincolanti gli impegni assunti a livello internazionale e programmare il contributo alla riduzione delle emissioni di ciascun settore nel breve e medio periodo, così come per avviare interventi di “giustizia climatica” serve una legge per il clima. Si tratta di un provvedimento necessario, di cui diversi Paesi europei si sono già dotati, sul quale serve condivisione e un impegno di tutte le forze politiche. Ma la buona notizia è che non partiamo da zero: con alcuni colleghi, tra cui la presidente della Commissione Ambiente della Camera Alessia Rotta e la responsabile Transizione ecologica del Pd Chiara Braga, abbiamo iniziato a lavorarci insieme alle associazioni ambientaliste WWF, Legambiente, Greenpeace, Kyoto Club, Transport & Environment e insieme al Think tank Ecco. Ovviamente perché sia efficace serve adeguare con urgenza il nostro Piano energia e clima ai più ambiziosi obiettivi europei su rinnovabili, efficienza e riduzione delle emissioni. Farlo significa anche creare nuova occupazione di qualità. Nella proposta di Elettricità Futura per arrivare a installare 85 GW di rinnovabili in più entro il 2030, infatti, si stimano 470mila nuovi posti di lavoro nella filiera elettrica pulita.
Come intendete sostenere alcuni comparti industriali, come l’automotive, nell’affrontare al meglio la transizione ecologica, necessaria e non più rinviabile?
La transizione comporta una trasformazione radicale di economia e società, è una grande occasione per rendere il nostro sviluppo innovativo, competitivo e rispettoso di diritti e ambiente, ma certo non possiamo lasciare sole le imprese, né i cittadini. Per accompagnare le aziende in questo cambiamento, specie quelle dei settori che ne saranno maggiormente toccati come l’automotive, possiamo mettere in campo una pluralità di strumenti. A partire dagli incentivi per l’industria che devono essere legati alle performance ambientali. E anche dal lato dell’acquisto non possiamo più permetterci incentivi o bonus ai mezzi inquinanti, ma è sull’elettrico e sulla sua filiera che ci dobbiamo concentrare. Al servizio di questo comparto si possono mettere per specifici progetti anche le risorse europee del Just transition e va diffusa l’infrastruttura di ricarica. Più in generale, per aiutare sia i settori produttivi che i cittadini più fragili risorse importanti si possono recuperare dal taglio degli oltre 20 miliardi di Sussidi ambientalmente dannosi che ogni anno, come certificato dal MiTe, vengono dati ai settori inquinanti.
I giovani, sempre più attivi sulle questioni ambientali, chiedono risposte tempestive. Che ne pensate, per esempio, di far nascere un Istituto ad hoc per indirizzarli e supportarli nel loro futuro?
La crisi climatica è la sfida del nostro tempo, perché sono proprio gli anni che stiamo vivendo e il prossimo decennio quelli fondamentali per affrontare questa emergenza. Giustamente i giovani sono preoccupati per il loro futuro e con i Fridays for future, ma non solo, sono mobilitati a milioni per il clima e chiedono alla politica misure serie per decarbonizzare l’economia.
Tra gli interventi da mettere in campo credo sarebbe utile creare un Istituto pubblico di studi sul futuro, come fanno già altri Paesi, che analizzi scenari e possibili rischi, aiuti a disegnare politiche per i giovani e le prossime generazioni e abbia anche un ruolo di orientamento sul futuro per le nostre ragazze e i nostri ragazzi.
Per aiutarli a costruirsi un domani, già in questa legislatura insieme ai colleghi Fusacchia, Lattanzio, Palazzotto e Quartapelle abbiamo ottenuto una sperimentazione dei dottorati comunali green per il triennio 2021-2023. Cento borse di ricerca per le aree interne con lo scopo di collegare le esigenze di crescita dei territori con le università, l’innovazione e lo sviluppo sostenibile. Il vantaggio è doppio: i giovani si formano ad alto livello sulla sostenibilità e i comuni si dotano delle competenze necessarie per affrontare a livello locale la conversione ecologica.
Sempre con gli stessi colleghi abbiamo proposto una seconda misura: l’eredità universale. Pensata come una redistribuzione di opportunità, prevede un “capitale di cittadinanza” di 15 mila euro incondizionato per ogni ragazza/o, dato al compimento del 18esimo anno di età. Accompagnato da un percorso di orientamento per un uso consapevole di questo ‘tesoretto’.
Si potrebbe ripartire da qui.
La mobilità è uno dei temi caldi, su cui intervenire seriamente per risolvere una delle criticità che viviamo quotidianamente, soprattutto nei contesti urbani. Quali potrebbero essere le soluzioni più idonee, magari già nel breve termine?
Il nodo della mobilità è un punto centrale. La sostenibilità della città può e deve passare per un nuovo disegno della mobilità e dello spazio urbano per essere liberi di muoversi in sicurezza, senza essere costretti a usare un mezzo privato e senza inquinare. Ma servono servizi efficienti, a partire appunto da un trasporto pubblico locale intermodale, sostenibile e accessibile. Mettere a disposizione dei cittadini un servizio di qualità è fondamentale per far sì che si affermi un nuovo modo di spostarsi, composto da mezzi pubblici a emissioni zero, tram metropolitane e treni urbani, sharing ed e-mobility, biciclette ed altri mezzi leggeri. Ed è necessario dotarsi di mezzi e personale adeguati per garantire passaggi frequenti. In tal senso una buona notizia viene dalla metro C di Roma, dove grazie agli interventi di manutenzione sono stati rimessi in funzione 8 treni.
Per una mobilità davvero intermodale e sostenibile bisogna garantire anche corsie protette alle biciclette e la possibilità di caricare le due ruote in metro, bus o treno. Investire sul trasporto pubblico e in sharing non è solo un modo per decongestionare il traffico e ridurre lo smog, ma anche per migliorare il benessere delle italiane e degli italiani. Nei bilanci di Stato, Regioni e Comuni ci sono dei fondi ad hoc, ancora non abbastanza, ma altre risorse arrivano anche dal Pnrr.
Un’Italia, e un’Europa, più verdi: è veramente possibile?
Ne sono convinta. La società civile e le imprese italiane sono molto più avanti della politica. Penso non sono ai ragazzi che scendono in piazza per il clima, ma a tanti cittadini che adottano stili di vita più sostenibili, che ad esempio scelgono prodotti biologici perché più sani, buoni e attenti all’ambiente. E a tante delle nostre imprese. Quelle quasi 500mila aziende che senza indicazioni, né aiuti da parte della politica hanno già investito in efficienza e innovazione green e che, guarda caso, hanno migliori performance in tempi di crescita e sono più resilienti nelle crisi. Quanto all’Europa – lo dimostrano paesi come la Francia o la Germania, ma la stessa commissione guidata dalla Vor Der Leyen – ambisce ad un ruolo di leadership nella lotta alla crisi climatica. E pacchetti come il Fit fot 55 lo dimostrano.