Lunedì d’autore: “Verso una mobilità dolce” di Fabio Massimo Frattale Mascioli

L’Agenzia Internazionale dell’Energia, un organismo dell’OCSE, prevede che nel 2030 dovremo attribuire alle città la responsabilità del 73% dei consumi energetici globalmente dovuti all’attività umana e, di conseguenza, anche delle emissioni di gas serra climalteranti.
Per quanto riguarda l’Italia, di questo ammontare circa un terzo è da attribuire al settore trasporti. Ci troviamo quindi, e ci troveremo sempre di più, con porzioni di territorio relativamente piccole, le nostre città, dove si concentrerà in modo sempre più evidente l’esito negativo delle trasformazioni energetiche alla base delle nostre attività.

Ora, senza dover attendere il 2030 (data che non è poi così remota…), gli effetti di questa concentrazione e addensamento di problemi nelle città, soprattutto quelle grandi come Roma e Milano, sono già evidenti da ora, lo sono da diversi anni e, a dar retta alle previsioni, lo saranno ancora di più nel futuro prossimo. Tutto questo lo sappiamo già senza il bisogno di andare in giro con sistemi di rilevazione della qualità dell’aria, o di contatori dei flussi di veicoli, oppure di leggersi i numerosi rapporti statistici e i ponderosi saggi sul tema; ci basta sperimentarlo sulla nostra pelle nella vita di tutti i giorni. Nei confronti del traffico veicolare urbano poi, l’evidente esperienza quotidiana della congestione si traduce spesso in stati d’animo che oscillano tra l’irritazione e la frustrazione, con conseguente abbassamento della qualità delle nostre vite.

D’altra parte i numeri parlano chiaro: il nostro Paese detiene il primato in Europa di numero pro-capite di autovetture, 61 auto per ogni 100 abitanti, secondo al mondo dietro solo agli Stati Uniti. Roma supera sensibilmente la media nazionale attestandosi a 68 auto ogni 100 abitanti, mentre va meglio a Milano che scende a 54. Le altre città italiane ruotano intorno a questi numeri (60 a Torino, 57 a Napoli). Il confronto con le altre grandi città europee è impietoso: Parigi e Barcellona si attestano a meno di un’autovettura ogni due abitanti, Londra e Berlino addirittura meno di una ogni tre. Quando andiamo a visitarequeste città, la differenza in confronto alle nostre…si vede subito! Specie per i romani.

Recenti statistiche aggravano ancora di più il quadro. In Italia, nel 2012, soltanto il 15% della popolazione si avvale dei mezzi pubblici per gli spostamenti motorizzati in ambito urbano (nel raggio di 50 Km e per durate superiori ai 5 minuti), mentre la percentuale degli spostamenti a piedi per percorsi brevi è calata dal 33% del 2007 al 28% del 2012.
Insomma, ne usciamo fuori come un popolo di “comodoni” scarsamente propensi a cambiare le nostre abitudini. Anche se, ultimamente, girando per Roma si notano sempre più biciclette circolanti. Attendiamo statistiche fresche per alimentare qualche speranza in merito…..

Certamente non bastano le sensazioni o le soluzioni basate più sulla necessità (o peggio sulla disperazione..) che sulla virtù. Il tema della mobilità sostenibile va inquadrato come una delle linee-guida principali per una politica ambientale che possa favorire la cosiddetta “green economy”, soprattutto nel contesto delle grandi città. Gli fanno compagnia, e deve essere visto in armonica connessione con esse, le altre linee-guida da prendere in considerazione: l’efficienza energetica, l’uso di fonti rinnovabili, il ciclo dei rifiuti e la difesa del suolo. Il tutto, naturalmente, prevede il miglioramento e l’adeguamento alla tematica degli strumenti normativi, politico-amministrativi ed economico-finanziari (ma qui si apre un altro gigantesco capitolo…). In ogni caso, il nostro Paese è impegnato in diversi progetti di mobilità, molti dei quali sono stati realizzati nelle nostre città grazie al Fondo per la Mobilità Sostenibile gestito dal Ministero dell’Ambiente.

Le azioni principali sono state rivolte al contrasto e disincentivazione dell’uso delle auto private in città e nella realizzazione di nuove infrastrutture e servizi per il trasporto pubblico, per i parcheggi di interscambio e per l’uso della bici in città. Il Fondo ha recentemente cofinanziato con 200 milioni di Euro numerosi di questi progetti a favore di 14 città grandi o medio-grandi e di 96 comuni più piccoli. Solo per il bike-sharing sono stati cofinanziati dal 2010 quasi 60 interventi per l’acquisto di biciclette elettriche, la realizzazione di piste ciclabili e di parcheggi riservati alle bici, l’installazione di sistemi di ricarica anche alimentati da fonti rinnovabili (soprattutto fotovoltaico). A Milano il bikesharing sta prendendo piede in modo positivo, meno a Roma. Ma si sta anche espandendo visibilmente l’utilizzo delle auto attraverso i cosiddetti servizi di sharing a flusso libero in entrambe le città (meglio a Milano).

Le previsioni, specie quelle negative, sono però fatte per essere smentite! Ecco perché bisogna dare continuità ai timidi successi che si stanno ottenendo, non senza fatica. Si pensa ad un Masterplan nazionale sulla mobilità sostenibile, in grado di tracciare scenari e pianificare concreti piani d’azione. Occorrerà tener conto delle modifiche degli stili di vita, dei mutati comportamenti d’acquisto (per i giovani, l’auto non costituisce più uno status symbol), di trovare diverse forme d’equilibrio per le libertà di movimento e il diritto all’accessibilità, della necessità di continuare in modo incessante la lotta ai fattori climalteranti e alla congestione del traffico veicolare.

Più che alle azioni di limitazione e di inibizione, come le ZTL e le giornate a targhe alterne (che suonano un po’ come “l’ultimo rifugio degli incapaci”…), ci piace pensare a quelle incentivanti. Ad esempio, insistere sulla creazione di percorsi a spazi aperti a priorità ciclo-pedonale e a bassa velocità veicolare, sulle reti per la mobilità ciclistica (a Roma si è parlato tanto del GRAB, il grande raccordo anulare per le bici, ma poi tutto si è fermato…), sulla diffusione pervasiva di sistemi telematici per l’ITS (Intelligent Transportation System), sul trasporto pubblico (attraverso percorsi protetti e dedicati e il potenziamento delle infrastrutture ferroviarie, incluse le metropolitane) e, come si è detto prima, sul maggiore sviluppo di servizi di car-sharing e bike-sharing.

Non si può parlare di mobilità sostenibile senza tirare in ballo l’auto elettrica. Al riguardo, le percentuali di crescita in Italia, e soprattutto nelle grandi città, sono impressionanti, ma i numeri assoluti sono ancora molto piccoli. In questi ultimi tempi, però, sembra che l’aria stia cambiando rapidamente. I recenti scandali sulle emissioni reali delle vetture termiche sembrano avere dato nuova linfa alle case automobilistiche per rilanciare pesantemente le loro proposte nel settore elettrico. E’ chiaro che in tutto questo gioca un fattore essenziale lo sviluppo tecnologico e quindi la ricerca. Le auto elettriche ad ogni generazione migliorano sensibilmente le autonomie (il loro vero tallone d’Achille), i tempi di ricarica (con l’adozione sempre più diffusa di sistemi a ricarica rapida), le prestazioni (che non sono mai state realmente un problema) e, seppure in misura inferiore, i costi.

Anche qui, il nostro Paese, attraverso i numerosi centri di ricerca di cui dispone, molti dei quali collocati nelle due grandi città, è in grado di giocare un ruolo di primo piano. Ma, come sempre, per passare dalle potenzialità alle soluzioni efficaci occorre un lavoro di seria programmazione, di integrazione e di sistema. Forse è proprio qui che siamo un po’ meno bravi. Ma ci si può lavorare!