Quante volte ci siamo detti “Figuriamoci un pò d’olio di frittura gettato nel lavello della cucina che danno può procurare all’ambiente…”.
Non è così! Azioni del genere insultano il nostro habitat. Sappiamo che 4 kg di olio vegetale esausto inquinano una superficie d’acqua estesa come un campo di calcio (dati Adriatica Oli). Sappiamo che non è biodegradabile e nemmeno organico. Disperso nell’ambiente l’olio si infiltra in pozzi e falde acquifere e se resta a galleggiare sull’acqua riduce l’ossigeno necessario ai pesci e alle alghe (tra l’altro gli oli alimentari sono sottoposti ad ossidazione in cottura ad alte temperature assorbendo sostanze nocive che vengono poi rilasciate).
Non i tutti i comuni è semplice capire come smaltirlo, purtroppo è un dato di fatto. Si possono trovare appositi contenitori posti dalle aziende raccoglitrici autorizzate iscritte al CONOE (Consorzio Obbligatorio Nazionale di raccolta e trattamento oli e grassi vegetali ed animali esausti), in cui conferire trasportando il nostro olio raccolto in cucina all’interno di una bottiglia o un flacone vuoto e lavato di detersivo (qualsiasi o apposito). I recipienti sono posti in modo sparso (talvolta davanti alle scuole) oppure sono presenti nelle isole ecologiche o negli ecocentri.
Grazie alla raccolta differenziata corretta, invece, l’olio di cucina viene recuperato e trasformato in nuovi prodotti come inchiostri, saponi, nuova energia e biodiesel.
Così si spiega chiaramente il concetto di economia circolare: ogni rifiuto smaltito secondo normativa comunale può essere recuperato e trasformato restituendo a quel bene una nuova dignità e una nuova vita.
“Per ogni nostra ecoazione l’ambiente ringrazia con approvazione”.
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