Made in ItalyGreen, voltarsi indietro per andare avanti di Maurizio Guandalini, Economista – Fondazione Istud
Voltarsi indietro per andare avanti (quando il pane era polenta). Il ritorno all’agricoltura cos’è se non il, buon, passato che ritorna.
“Chi possiede la terra, possiede il Paese” è il principio ispiratore dell’ambientalista Wendell Berry, alfiere del cibo buono, pulito e giusto. È lo spirito dell’Enciclica, Laudato si’, di Papa Francesco: “Il cibo c’è ma non tutti mangiano. Basta paradossi dell’abbondanza”.
Il Pontefice è sostenitore dell’Ecologia Umana che poggia su quella frase che gli disse un vecchio contadino: Dio perdona sempre, gli uomini talvolta, la natura mai.
I conflitti del vecchio e del nuovo secolo sono gli stessi da sempre. Da un lato, si divarica la divisione tra ricchi e poveri, tra obesi e chi muore di fame e, dall’altro lato, c’è la crisi della natura.
A Milano ha fatto sosta Expo 2015, energia per la vita, nutrire il pianeta, il food, l’alimentare, nelle sue diverse declinazioni, la Carta di Milano, nuovo codice di gestione per le risorse naturali, termometro che misura la temperatura delle responsabilità dei governi, la sharing economy e tutto quello che ci gira intorno. In particolare Nutrire il Pianeta, originariamente, era stato pensato in due direzioni: da un lato quella legata allo sviluppo sostenibile, alla difesa degli ecosistemi e della specie; dall’altro lato quella legata alla cultura attraverso la conoscenza delle storie e delle tradizioni.
Il mondo – ha scritto Parmenide – è un totum simul, un tutto insieme, indivisibile. È un moto, un’evoluzione, una trasformazione delle relazioni, dei soggetti, che noi collochiamo dentro la grande pancia dell’economia verde. È la sostenibilità che cambia. L’Expo è stata la vetrina per rilanciare la green economy.
Nel 2015 insieme al professor Victor Uckmar abbiamo realizzato per l’Osservatorio Green Economy della Fondazione ISTUD, il quarto libro dedicato al Verde (Made in ItalyGreen, Mondatori Università) chiudendo un ciclo, proprio dove era nato. Progressivamente nel corso degli anni, ci siamo volutamente staccati dall’equazione, sempre quella, verde uguale delle energie rinnovabili.
L’approdo al nuovo corso, e contenitore verde è lo stile di vita. È green quello che mangi, la casa in cui vivi, come ti muovi, come ti vesti, la scuola, il comune, il quartiere, l’illuminazione delle strade, la pattumiera, le relazioni sociali.
Non può esistere una smart city con una cittadinanza stupida (e nemmeno una città intelligente un po’ scema). Ed è inutile la tecnologia intelligente senza una comunità che la sa e la vuole usare. Conoscenza e consapevolezza sono di rigore se non vogliamo che i vantaggi delle metropoli intelligenti siano solo per le élite più ricche e più colte.
Il mondo delle nuove generazioni sta cambiando radicalmente la società e la sua economia.
I Millennials (le generazioni del nuovo Millennio) possiedono sempre di meno e condividono sempre di più. Non comprano più auto perché non è più uno status. È un semplice mezzo di trasporto. Vogliono, in centro città, la luce urbana, luoghi con negozi, trasporti pubblici e ristoranti con il cibo buono e sano. Vogliono car e bike sharing.
Meglio star bene anziché avere troppo.
L’utopia del futuro sarà quella di vivere in modo elegante all’interno dei limiti.
Non dobbiamo preoccuparci di quanto, ma di come produrre stando attenti all’ambiente.
De-materializzazione? La parte più interessante della produzione umana va sempre verso il less, il meno. Come dice Epicuro, l’uomo deve vivere (felicemente). E per vivere l’uomo utilizza. Oltre un certo limite, però, non si utilizza più, si consuma. Ed è quel che è successo, esagerando, negli ultimi decenni. Oggi il benessere della società non coincide col consumismo.
Dopo il New Deal, quello corrente, andando a ritroso, è un Rinascimento, affascinante, che sta dilagando e ridisegnando le mappe delle nostre città e delle comunità in cui viviamo con l’originalità propria di noi italiani.
Non è patriottismo di maniera e nemmeno la fiera di nuove vanità, ma quel made in Italy (che non è una merce come le altre, ma un concetto di lifestyle) è lì per dire che c’è un fatto e creato da noi che si distingue da quello che avviene nel resto del mondo. C’è una nostra specificità nel green che non è superiorità, ma un modo di affrontare il nuovo a nostro modo.
È un flusso inarrestabile, un Green Attack perché entra in un periodo storico maturo per questi cambiamenti straordinari, attesi da una vita.
Sostenibile significa capace di futuro. Smart cities, car sharing, eco quartieri, gli orti, l’urbanistica sociale, progetti che migliorano l’auto-organizzazione dei cittadini, agro e bio energia, la crisi delle rinnovabili, e la loro evoluzione, la rete in fibra ottica, il mangiare sano, lo spreco alimentare, riciclo e riutilizzo, l’economia della condivisione, il valore della terra e i neocontadini che hanno scommesso sull’agricoltura senza chimica, alto/basso, nuovo/vecchio, sono la vera novità del Made in ItalyGreen.
È una impresa titanica mettere ordine a tanti progetti e dare un indirizzo strategico comune: stiamo trattando del principale difetto del sistema produttivo italiano.
Obiettivo presuntuoso? La sola volontà, e lo spirito, è di cambiare direzione, far emergere un’anima, per dire che la situazione non è grave. Stiamo leggeri.