Mappatura degli ambienti costieri

Mappatura degli ambienti costieri, ISPRA seleziona il consorzio guidato da Fugro

Grazie alla mappatura degli ambienti costieri che ISPRA ha affidato al consorzio guidato da Fugro, si potrà creare l’Atlante digitale dei mari per custodire la biodiversità. L’iniziativa che rientra nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e nel progetto Marine Ecosystem Restoration (MER) potrà contare su una tecnologia all’avanguardia per la mappatura e su un approccio rivoluzionario destinato a trasformare la conservazione e il ripristino degli ecosistemi marini.

Al centro del progetto la Posidonia oceanica e la Cymodocea nodosa presenti su una superficie di 10.200 km2 in cui si useranno sensori all’avanguardia come LiDAR e sensori ottici aviotrasportati, gravimetria aerea (tecnica che utilizza sensori che misurano la gravità, utile ad arrivare ad un maggior dettaglio) e sensori satellitari, la tecnologia multibeam e l’impiego di un veicolo sottomarino autonomo per l’osservazione diretta di 4000 chilometri di costa.

Mappatura degli ambienti costieri per la protezione degli habitat

In tre sotto-regioni costiere (Mar Mediterraneo Occidentale, Mar Ionio e Mare Mediterraneo Centrale, Mare Adriatico) si avvierà una mappatura completa della fascia costiera fino a 800 metri a partire dalla linea di costa verso l’interno con sensori ottici e gravimetro. Le azioni di monitoraggio delle coste aiuteranno i decisori locali nell’indirizzare le giuste politiche per la protezione degli habitat e delle specie marine di interesse conservazionistico.

Il progetto di mappatura delle nostre coste compie il primo passo, grazie alla tecnologia LiDAR creeremo l’Atlante digitale dei nostri mari – afferma il Presidente di
ISPRA, Stefano Laporta – Con il piano MER, l’Ispra ha avviato un ambizioso pacchetto di interventi per la tutela e la valorizzazione dell’ecosistema del Mediterraneo. Tra questi rientrano le attività con il sensore LiDAR, uno dei pilastri su cui si fonda il nostro programma straordinario di restauro dei mari. Grazie ai rilievi
condotti su tutta la costa per un totale di 7.500 km, senza precedenti in Italia in termini di estensione ma anche di dettaglio, avremo informazioni estremamente preziose sia nell’ambito della scoperta di nuove specie e habitat che nell’ambito della conformazione dei fondali per la geotermia.

Piano MER, a che punto siamo

Già stipulati gli accordi per realizzare i campi di ormeggio (dove è vietato l’ancoraggio sul fondo marino) che costituiscono un rilevante strumento per la tutela degli habitat di pregio marino costieri e che consentono la mitigazione e l’eliminazione del disturbo legato all’ancoraggio e al conseguente danneggiamento dei fondali. Ispra ha approvato 18 progetti che coinvolgono aree marine protette, Parchi Nazionali e oltre 29 Zone Speciali di Conservazione secondo l’Unione Europea, dove verranno installati, entro il 2026, ben 91 campi ormeggio per un totale di 1769 ormeggi.

Aperta anche la procedura per affidare la rimozione e il conferimento delle Ghost Nets, le reti fantasma e tutti gli attrezzi da pesca abbandonati. I dati ISPRA mostrano che l’86,5% dei rifiuti in mare è legato alle attività di pesca e il 94% di questi sono reti abbandonate, alcune addirittura lunghe chilometri.

Il sensore LiDAR ci consentirà di creare lo scrigno in cui custodiremo la biodiversità marina – aggiunge Maria Siclari, direttore generale di ISPRA – La mappatura degli habitat marini profondi si occuperà di censire anche più di 70 monti sottomarini, da 500 fino a 2.000 metri di profondità, indagando aree che non sono mai state monitorate e sono quasi completamente sconosciute. Grazie a questo progetto potremo identificare gli habitat marini costieri con una elevata risoluzione e fornire informazioni dettagliate sulla batimetria e la morfologia della costa, consentendo di effettuare previsioni affidabili sui fenomeni di erosione costiera e la vulnerabilità delle coste in caso di eventi estremi quali le mareggiate e le inondazioni costiere.

Gli allevamenti di ostriche per salvaguardare la specie

Le ostriche sono chiamate “ingegneri ecosistemici” perché capaci di costruire veri e propri reef calcarei, cioè l’equivalente, alle nostre latitudini, delle scogliere coralline tropicali. Per questa ragione sono nati allevamenti con un milione di larve di ostriche in vista della ricostruzione dei banchi di ostrica piatta europea (Ostrea edulis, una specie autoctona dell’Adriatico) in cinque regioni italiane: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche e Abruzzo. A livello globale, si stima che l’85% dei banchi naturali di ostriche sia perso, rendendo questo habitat uno dei più minacciati al mondo.