transizione Walter Ganapini

La Milano anni ’80 e gli incontri della formazione, di Walter Ganapini – Green Deal

A inizi ’80, giovane ricercatore chimico in materia di tecnologie ambientali ed energetiche ecocompatibili, oggi sostenibili, migrai dalla provincia emiliana in Enea, nello Staff del Presidente Umberto Colombo, che mi fece attivare l’Ufficio milanese dell’Ente presso la FAST. Non avevo mai condiviso il parlar male di Milano tipico della provincia padana: il vissuto personale mi confermò nell’attaccamento a “l’aria della città rende liberi”.

Riscontrai quanto grande fosse stata l’intuizione di quel Vescovo di Milano sempre citato da Gianni Brera, di origini longobarde pavesi, che dispose l’esenzione da ogni balzello per chi giungesse nel borgo di allora essendo portatore di un ‘saper fare’, mentre nella capitale Pavia le Corporazioni irrigidivano la struttura socioeconomica con regole di “esclusione all’accesso” certamente prodromiche alla decadenza.

Quel Vescovo favorì così una filosofia urbana di Milano “melting pot” che ne faceva l’unica città dove si lavorava come nei nodi della rete-mondo, prima dell’aggressione ultraliberista e corruttiva degli ultimi 25 anni all’interesse generale, privatizzando i beni comuni fino a farne città per ricchi. Quando vi arrivai, non importò a nessuno della mia collocazione culturale o politica: interessava cosa “sapessi fare” in tema di ambiente ed energia, dalla pianificazione all’innovazione tecnologica.

A Milano gli incontri della formazione

Grazie a Ezio Manzini e Giuseppe Giolitti trovai casa di ringhiera al Morivione, dove non mancava tempo per ragionamenti conviviali con Tomàs Maldonado, Antonio Giolitti, Ugo Finzi, Laura Conti, Giulio Maccacaro, Fernanda Pivano, Antonio Cederna, Franco Berrino, ampliando i miei orizzonti ai temi della complessità, del consenso sociale alle tecnologie, della dematerializzazione dei cicli produttivi, della previsione strategica, della mancanza di politiche per l’innovazione nel nostro Paese, anzitutto condividendo l’elaborazione del Club di Roma grazie a Colombo.

In FAST partecipavo ai primi incontri su biotecnologie, venture capital, tecnologie appropriate. Mantenevo un “coté” politico-culturale nella Legambiente che avevamo da poco fondata e, a livello sindacale, nell’”Ambiente e Lavoro” costituita da Rino Pavanello, sodale di Giorgio Ruffolo. L’esperienza che marcò culturalmente quei primi anni Ottanta venne, però, da me vissuta con Aldo Bonomi, Alberto Magnaghi, Bepi Tomai, Lapo Berti, quando nella Libreria di Via Tadino ideammo un corso di formazione che, con la supervisione di Giuseppe De Rita e Rossana Rossanda, mirò poi alla costruzione delle prime figure di “Agenti per lo Sviluppo del Territorio”, secondo la definizione di Riccardo Petrella Direttore a Bruxelles di ‘EuroPerspectives’, sulla scorta delle esperienze francesi di “Comités de pays” che programmavano e gestivano sviluppo nelle aree a risorse limitate. Imparai lì ad apprezzare l’acutezza analitica e lo spessore progettuale della CISL di Carniti.

Il localismo

Quell’esperienza mi costrinse a misurarmi con i temi del localismo e fu anche un modo per approfondire la conoscenza della Lombardia di allora, dalla Valtellina all’Oltrepò pavese, dal comasco alle valli del bresciano, a riscontrare i caratteri di un corpo sociale che comunque San Carlo Borromeo aveva preservato dalla contaminazione con la Riforma, ergendolo a barriera. Cominciavo a riflettere, apprezzandolo, sul Magistero del Cardinale Martini: avendo avuto a Direttore Spirituale dalla gioventù Don Giuseppe Dossetti, la mente spesso andava al ‘Sentinella, quanto resta della notte?’ della orazione che tenne in memoria del suo amico carissimo Lazzati.

Vissi la Milano culla di fecondo dibattito tra Centro San Fedele, Club Turati, Casa della Cultura. Fu in questa temperie che incontrai un sacerdote caro all’Arcivescovo, Don Virginio Colmegna: infaticabile Direttore della Caritas ambrosiana ed esempio preclaro di spiritualità ricca coniugata con forte pragmatismo lombardo (gergalmente dovremmo dire ‘problem solving oriented’), divenne interlocutore di chiunque ponesse al centro persona, comunità, bene comune, interesse generale.

Don Virginio aveva vissuto il corso della propria vocazione e formazione con il mio Parroco milanese, Erminio De Scalzi, che S.E. Martini volle suo Vicario, poi Abate di S. Ambrogio e che venne una sera di inizio ’96, a nome del Cardinale, a visitare e benedire i moderni impianti di riciclaggio dei rifiuti realizzati a tambur battente in via Rubattino, grazie ai quali Milano sancì la propria definitiva vittoria su chi intendeva lucrare sulla gestione allegra di un’emergenza indotta.

Don Virginio Colmegna

Don Virginio Colmegna

Combattemmo quella finta ‘emergenza’ ed i suoi pesanti riflessi indotti a scapito dei Milanesi avendo costante rapporto con Don Virginio, facendo degli spazi operativi e delle risorse sottratte alla bramosia del malaffare occasione di progettazione generativa di opportunità concrete per gli ultimi, in logica di sussidiarietà oltreché di crescita di quella nuova cultura che ci avrebbe portato al dono della ‘Laudato sì’ e alla urgente ricerca di nuovi, necessari, stili di vita, produzione, consumo. Così richiama quella vicenda Gian Giacomo Schiavi sul ‘Corriere della Sera’.

Come sempre mi è capitato dopo le battaglie più dure, le aggressioni anche giudiziarie furono pesanti; debbo essere grato a Don Colmegna di non avermi mai fatta mancare solidarietà vera. Pochi anni dopo fu emozione ed onore essere chiamato da Don Virginio a ragionare del progetto di una Casa della Carità, dono di Martini alla Città della cui realizzazione concreta il Cardinale aveva voluto incaricarlo, ed infine divenirne membro del Senato Accademico; in una Milano che perdeva pezzi della propria identità sociale inclusiva, la Casa divenne impegno di accoglienza nutrito di iniziative costanti per offrire a chi, negli anni migliaia di persone e tante decine di nazionalità, veniva lì a trovare rifugio opportunità di crescita culturale oltreché professionale.

A ragionar di ambiente a Milano

Molte furono le sere passate a ragionare di ambiente, dai rifiuti alla tutela delle acque, con i cittadini del quartiere, per fare della Casa catalizzatore di unità con il territorio che la ospitava. Solo rimane il cruccio di non avere insistito, nel 2002, con il responsabile dell’Ufficio Tecnico della Casa della Carità, a fronte di una sua attenzione focalizzata sulla gestione di una quotidianità certamente complessa, affinchè accettasse la proposta che con Maurizio Fieschi, come Istituto Macroscopio, gli rivolgemmo: portare a titolo gratuito la Casa ad essere certificata EMAS, analizzando struttura, servizi erogati ed attività con accurate analisi di ciclo di vita (LCA).

La Comunità Laudato sì

Ultimi collanti di una amicizia profonda sono il condividere con Don Virginio l’esperienza della nascita delle ‘Comunità Laudato sì’ e del fare Finanza Etica: grazie anche al suo intervento, da anni provo a dare un contributo sui temi della sostenibilità, nel tempo ‘ESG’, ai lavori del Comitato Etico di EticaSgr, essendo la finanza campo a me del tutto inusuale, ma oggi elemento cruciale per promuovere in concreto la decarbonizzazione del modello di sviluppo verso la Transizione alla Ecologia Integrale postulata da Papa Francesco, tra ‘Laudato Sì’ e ‘Fratelli Tutti’. Grazie, perciò, ad Andrea Donegà per il suo libro

È un libro che ripercorre la straordinaria vita di Don Virginio, raccontata da ricordi, riflessioni, emozioni di chi ha condiviso con lui un pezzo di cammino, uniti in un mosaico di speranza. Una storia collettiva della Milano che ha avuto ed ha Don Colmegna protagonista di una stagione profetica, nella Chiesa e nella società, attraverso i movimenti operaio e studentesco, le lotte per casa e scuole popolari, il sindacato e la Politica, la deistituzionalizzazione e la deindustrializzazione, le nuove povertà, l’immigrazione, la disabilità, le fragilità vissute come responsabilità collettive.
Dalla Bovisa a Sesto San Giovanni, dalla Caritas alla Fondazione Casa della Carità “A. Abriani” per terminare a SON – Speranza Oltre Noi, l’ultima sua creazione per occuparsi del “dopo di noi”. Grazie, Don Virginio, per poterti essere amico.

di Walter Ganapini, membro onorario Comitato scientifico dell’Agenzia Europea dell’Ambiente