Il minieolico domestico è tra le opzioni più interessanti per chi vuole dedicarsi all’autoproduzione di energia rinnovabile. Una tecnologia dalle grandi potenzialità, che permette di sfruttare l’energia del vento con impianti dalle dimensioni decisamente ridotte rispetto alle maestose pale impiegate nei parchi eolici.
L’approccio al minieolico domestico deve essere però consapevole, sia in termini di opzioni tecnologiche che di resa del futuro impianto. Scegliere o meno l’energia del vento potrà dipendere inoltre da altri fattori di rilievo, come ad esempio l’intensità delle correnti ventose, i vincoli paesaggistici e inevitabilmente le disponibilità economiche.
Minieolico, cos’è
Partiamo però dal principio, spiegando cos’è il minieolico e quali sono le principali differenze con l’eolico tradizionale. Che sia onshore od offshore, un parco eolico è solitamente costituito da impianti di grandi dimensioni. Basti pensare che una singola pala può essere lunga in media tra i 20 e i 60 metri, mentre il rotore può trovarsi anche a oltre 100 metri da terra.
Quanto spazio occupa un impianto minieolico domestico?
Decisamente più contenute sono invece le dimensioni di un impianto che rientra nella categoria del minieolico domestico, tanto da permetterne il collocamento anche in un terrazzo, in giardino o sul tetto. L’altezza da terra del rotore non supererà in questi casi i 10-30 metri.
Eolico: cut-in e cut-out, cosa sono
Per descrivere un’altra importante differenza tra eolico e minieolico è necessario introdurre due ulteriori termini: “cut-in” e “cut-out“. Il riferimento è all’intensità ventosa e alla capacità dell’impianto di sfruttarla e di tollerarla.
Il termine “cut-in” esprime l’intensità di vento minima necessaria affinché l’impianto entri in funzione. Per “cut-out” si intende la velocità oltre la quale l’impianto cesserà di funzionare per preservare la propria integrità strutturale.
Il cut-in di un impianto eolico sarà maggiore, solitamente superiore ai 4 m/s, mentre un impianto di ridotte dimensioni come il minieolico si attiverà anche con correnti di soli 2-3 metri al secondo. Per contro quest’ultimo smetterà di funzionare molto prima dell’eolico tradizionale.
Capire l’eolico: come funziona
Che si parli di eolico o minieolico, in entrambi i casi ci troviamo di fronte a un impianto che trasforma le correnti ventose in elettricità. La spinta del vento andrà ad agire sulle pale, che a loro volta innescheranno l’azione del rotore.
Affinché la produzione si avvii è però necessario che entri in gioco anche il generatore di energia, a cui il rotore trasmetterà l’energia cinetica sviluppata. Un processo mediato da altre due componenti, il “freno” e il “moltiplicatore di giri“, che porterà quindi (al netto di un certo livello di dispersione) alla produzione energetica vera e propria.
Asse orizzontale e verticale
Quando si parla della tipologia di impianti eolici a disposizione, la prima opzione che viene in mente è nella maggior parte dei casi quella con asse orizzontale. Questo perché è sostanzialmente quella che nel corso degli anni si è maggiormente imposta nell’immaginario collettivo, anche per la sua somiglianza con le comuni girandole per bambini. Le componenti principali sono:
- mozzo;
- rotore;
- pale (perlopiù tre, poste a 120 gradi l’una dall’altra), di lunghezza generalmente compresa tra i 20 e i 60 metri;
- asta di supporto (detta albero o torre), alta fino a 180 metri;
- navicella o gondola (al cui interno sono presenti freno, moltiplicatore di giri, generatore e sistema di regolazione elettrica).
Poco più in basso è presente il sistema di orientamento, la cui funzione è quella di variare la direzione dell’impianto per adattarla alle correnti ventose. Alla base della torre si trovano le ultime due parti: il sistema di controllo, che lo collega alla rete elettrica, e le fondamenta.
Gli impianti con asse verticale sono concettualmente più recenti, anche se comunque hanno dimostrato di godere di una certa “maturità”. Le differenze non sono soltanto visive, sebbene l’aspetto esterno colpisca subito per l’assenza delle pale.
In questo caso l’impianto si sviluppa in verticale, assumendo una forma sostanzialmente cilindrica. Le pale sono sostituite da pannelli ondulati, con l’effetto di ottenere un cut-in più basso (intorno ai 2 m/s), ma anche un cut-out più impattante. Questo renderà di fatto l’impianto meno performante in termini assoluti rispetto agli impianti orizzontali.
Minori performance rispetto a un impianto orizzontale, ma anche riduzione dello spazio occupato e maggiori possibilità di utilizzo. Ciò contribuisce a rendere l’autoconsumo più alla portata delle famiglie, permettendo inoltre una maggiore diffusione degli impianti sul territorio.
Quanto costa il minieolico domestico?
Un impianto minieolico domestico può costare all’incirca tra i 2.000 e i 10.000 euro di base, con possibili variazioni in funzione della presenza o meno di batterie per l’accumulo di energia. Il prezzo può variare anche a seconda dei kW di potenza, ma è di norma ampiamente ripagato dai risparmi ottenuti nell’arco dei circa 25 anni di durata dell’impianto.
Può costare un po’ di più la scelta di un impianto minieolico verticale, tra i 2-3mila e i 13mila euro, a fronte però di una minore rumorosità e della maggiore resistenza di fronte alle turbolenze.
I benefici per l’ambiente
Come l’eolico, anche il minieolico rientra a pieno titolo tra le fonti rinnovabili. Ciò vuol dire che durante la sua produzione, al netto quindi delle materie prime necessarie per realizzare l’impianto stesso, questa tecnologia non provocherà emissioni di CO2 né inquinerà l’aria, il suolo o in generale l’ambiente.
Il ricorso a questo tipo di impianto permetterà quindi di unire i vantaggi economici offerti dall’autoconsumo a quelli in favore della Terra. Ricordiamo inoltre che l’eolico è tra le fonti energetiche più indicate per contenere le emissioni di gas climalteranti e frenare la progressione dei cambiamenti climatici.
Questo perché anche i nuovi impianti del minieolico contano e una loro maggiore diffusione contribuirebbe a ridurre il consumo di elettricità prodotta da centrali alimentate da fonti fossili.
In generale il settore eolico ha dimostrato in questi anni di poter consentire all’Italia non soltanto di centrare con maggiore facilità gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni climalteranti, ma di riuscire ad andare ben oltre.
Come ci ricorda un’infografica realizzata dall’ANEV (Associazione Nazionale Energia del Vento), l’eolico ha permesso finora all’Italia di risparmiare emissioni di CO2 pari a 12 milioni di tonnellate. Sul fronte dipendenza dalle fonti fossili è stato evitato, grazie ai circa 900 parchi eolici presenti in 400 Comuni italiani, il consumo di circa 18 milioni di tonnellate di petrolio.
Minieolico domestico e vincoli paesaggistici
Lato burocrazia arriva qualche buona notizia sul fronte del minieolico. A differenza di quanto accade con i grandi parchi eolici, gli impianti più piccoli non necessitano di autorizzazioni da parte del Comune o della Sopraintendenza. Occorrerà tuttavia rispettare eventuali parametri specifici fissati dall’amministrazione locale, che possono essere richiesti presso gli uffici comunali per l’urbanistica.
Il principio valido per tutti gli enti locali è che l’altezza di una torre di un impianto minieolico non dovrà superare i 10 metri. Negli altri casi molto influirà la scelta del luogo di installazione (giardino, terrazzo, tetto…) così come la collocazione dell’immobile: una casa indipendente fuori città avrà bisogno di rispettare parametri differenti rispetto a una inserita in un contesto più urbano.
Guardando invece all’eolico tradizionale i vincoli paesaggistici si rivelano molti. Un approccio che negli ultimi anni ha limitato fortemente la diffusione di questa energia pulita, frenata anche dai vari comitati del no sorti nei piccoli Comuni. Contro tale orientamento però hanno iniziato a muoversi alcuni esponenti politici, tra cui il sindaco di Firenze Dario Nardella, che intervenendo sul tema ha dichiarato:
Di fronte a questa situazione occorre essere realistici: rivediamo i vincoli quando si tratta di realizzare impianti di produzione di energia pulita oppure dovremo constatare che l’Italia rimarrà un Paese energeticamente dipendente dagli altri Paesi produttori e dovrà spendere cifre titaniche per approvvigionarsi, scaricando i costi energetici su famiglie e aziende.
Minieolico domestico, quando conviene
La scelta di installare o meno un impianto eolico può dipendere come detto da vari fattori, anche strettamente meteorologici. In particolare è l’intensità ventosa a fare la differenza, facendo sì che il minieolico risulti più o meno redditizio e quindi utile per l’ambiente.
Un modo per avere delle indicazioni su quelle che sono l’intensità e la regolarità del vento nella zona di installazione è quello di consultare l’Atlante eolico del territorio italiano. Si tratta di uno strumento molto dettagliato, presentato sul sito della RSE (Ricerca sul Sistema Energetico, società controllata dal GSE, Gestore dei Servizi Energetici), che fornisce informazioni utili a capire quando conviene installare un impianto minieolico o eolico.
L’intensità ventosa media in Italia è compresa tra i 4 e gli 8 m/s (metri al secondo), quindi particolarmente adatta all’utilizzo di impianti minieolici. Molto indicati quelli ad asse verticale, senza pale e a minore rumorosità, per l’utilizzo in contesti urbani.
I dati inseriti nell’Atlante eolico rappresentano però dei valori “ottimistici”, che esprimono l’intensità ventosa alle migliori condizioni possibili. Per ottenere i valori reali occorrerà tenere conto di un fattore denominato “rugosità del terreno“, ovvero tutti quegli ostacoli naturali e non (alberi, edifici ecc.) che possono deviare o limitare il flusso del vento.
L’alternativa all’Atlante eolico è rappresentata infine dai rilievi anemometrici compiuti sul posto. Andranno raccolti i dati nell’arco di diverse settimane, anche mesi, al fine di ottenere un’elaborazione statistica ottimale. Ciò permetterà di conoscere le reali potenzialità dell’impianto, anche in relazione alla rugosità del terreno.
Foto di copertina: Tobi Kellner – Wikimedia