Moda sostenibile

Moda sostenibile, a Roma il 5 e 6 luglio gli Stati Generali dell’UNESCO

Gli Stati Generali della moda sostenibile, indetti dall’UNESCO, si svolgeranno ai Mercati di Traiano, a Roma, il 5 e 6 luglio dalle 10 alle 20. Quarta edizione per il Phygital Sustainability Expo, l’unico evento in Italia dedicato alla transizione ecologica dei brand di moda e design, organizzato dalla SFIS – Sustainable Fashion Innovation Society.

Una produzione sempre più sostenibile assicurerebbe una riduzione delle emissioni di CO2; punti di partenza il riciclo e l’economia circolare per raggiungere velocemente gli obiettivi dell’Agenda 2030. Oggi il mondo del fashion causa il 10% delle emissioni, le ricerche della SFIS parlano di una produzione di 150 miliardi di capi dei quali il 30% rimane invenduto, e solo l’1% è avviato al riciclo.

Moda sostenibile, gli orrori del fast fashion

Evento conclusivo e centrale degli Stati Generali della Moda sarà proprio la “sfilata narrata” di capi ecosostenibili, per ciascuno verrà infatti indicato il “carbon print”, ovvero la quantità di emissioni ma anche l’impatto ambientale della produzione.

Una delle piaghe della nostra società dal punto di vista dei rifiuti è il fast fashion che danneggia chi produce e gli ecosistemi; i bassi costi, apparentemente allettanti, sono la causa dello sfruttamento del lavoro e dell’inquinamento degli oceani per la temibile presenza di plastiche e elementi chimici nei tessuti.

Lo smaltimento degli abiti è da anni una criticità per i comuni, i pochi contenitori gialli posti sulla strada non sono sufficienti per contenere i quantitativi di cui ogni giorno il cittadino si disfa, ultima stazione l’indifferenziato dove non dovrebbero assolutamente finire.

Un armadio…insostenibile

Comincia a diventare uno slalom il tentativo di vestire in modo sostenibile. I tessuti sono ottimi esempi di come, spesso, soddisfatti dell’etichetta che ci assicura di aver comprato un capo di cotone o altra fibra 100% subiamo un inganno rendendoci complici di fabbriche per nulla etiche. La dicitura Made in Italy non è una garanzia, basta una lampo inserita nel nostro paese per dichiarare il capo italiano.

Gli indumenti prodotti con filati artificiali o avvelenati dai pesticidi, trattengono il calore e non permettono alla pelle di respirare creando le condizioni per l’insorgenza di eczemi e dermatiti, soprattutto nei bambini e negli anziani. Altri causano sofferenza o morte negli animali; aboliamo piumini, piumoni e cuscini prodotti con piume d’oca.

Dove comprare abiti green e come smaltirli

Esiste qualche azienda che produce cotone biologico, poche e spesso non a prezzi bassi. Alcuni capi di abbigliamento (venduti ad esempio da OVS e UPIM) e alcuni prodotti di biancheria per la casa riportano il marchio OEKO–TEX® Standard 100 – Fiducia nel tessile testato per sostanze nocive, un sistema di controllo e certificazione indipendente che attesta l’assenza di sostanze dannose.

Le Botteghe dell’equo e solidale (i negozi di Roma e Milano sono presente nel nostro database) hanno vestiti e accessori (purtroppo solo in pelle) che provengono dal commercio giusto e dai paesi più poveri, sono ottimi acquisti. Oppure prendiamo in considerazione i locali del pre-loved, ovvero la seconda mano. Sono tanti, in ogni città, indipendenti o in franchising e possono davvero sorprendere anche con i pezzi vintage. Vendere capi del nostro armadio è un buon modo per smaltirli correttamente a patto che siano in ottimo stato. Divertenti anche i pomeriggi dedicati ai swap party pubblici o in casa dove scambiare abbigliamento a costo zero. Alcune associazioni assistenziali prendono ciò di cui noi non abbiamo più bisogno, su Facebook è facile trovare la più vicina.