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Politiche energetiche: le strategie da perseguire, di Walter Ganapini – Green Deal

Nessuna velleità di richiamo al ‘Minima Moralia’ di Adorno, naturalmente parlando di politiche energetiche. Spero da sempre che chi viene dopo di noi voglia godere la libertà di sbagliare su terreni diversi da quelli su cui noi abbiamo sbagliato. Spero anche che in cittadini, comunità e soprattutto in chi assuma ruoli di governo nelle istituzioni non venga dispersa memoria e traccia di letture strategiche di fenomeni, tendenze e rischi associati alle scelte che si compiono.

’Minima’ perché i due temi che sfioro sono ‘parva res’ nel mare delle riflessioni in corso circa le strategie energetiche da perseguire da quando la crisi bellica ha cancellato il Green New Deal europeo ponendo in un angolo le altre tre crisi sistemiche interconnesse che incombono su di noi (in ordine cronologico pandemica, finanziaria-industriale e climatica irreversibile), la cui gravità motivò la Laudato Sì e la Agenda 2030.

‘In-Moralia’ perché entrambe i temi sono frutto di processi decisionali che vedono prevalere giganteschi interessi di pochi a scapito del soddisfacimento di bisogni basici dei più, a partire dai rischi che generano a carico delle tante variabili che attengono la nozione di ‘sicurezza’, dalla alimentare alla ambientale ed alla sanitaria fino ad attingere quella militare, antiterrorismo incluso.

Politiche energetiche: riconversione vero l’uso massiccio del Gas Naturale Liquefatto

Ragioniamo anzitutto di cosa implica la riconversione delle politiche energetiche verso il massiccio ricorso a Gas Naturale Liquefatto (acronimo inglese LNG), tralasciando la valutazione delle cruciali opportunità e criticità associate, economiche, finanziarie, ambientali. Sappiamo dal Governo Draghi che l’Italia dovrebbe dotarsi di due rigassificatori su nave per accogliere LNG (si dice 15 miliardi di m3) che flotte metaniere trasferiranno, in particolare dagli USA, verso l’Europa.

Al di là dei costi (il rigassificatore OLT di Livorno è arrivato a costare oltre 900 mln di €, a fronte di investimenti stimati assai più bassi in sede di progettazione), mi chiedo se tutti abbiano dimenticato le analisi che il Governo italiano, Eni ed altri grandi sistemi d’impresa nazionali svilupparono in materia oltre 30 anni fa. L’esigenza di ampliare l’universo dei fornitori di gas naturale per garantirci diversificazione delle fonti e relativa riduzione dei rischi da instabilità politica in aree quali l’Africa settentrionale e il Medio Oriente portó già allora a prendere in esame il ricorso a possibili rifornimenti con navi metaniere da pluralità di paesi verso il rigassificatore ligure di Panigaglia, immaginando di realizzarne un altro a Monfalcone, anch’esso su terra.

La sicurezza dei gasdotti

Una analisi accurata condotta ai massimi livelli istituzionali arrivò ad assumere come dirimente il parere dei Servizi, che chiesero di non dare seguito al progetto, spiegando che le navi metaniere, per quanto a doppio scafo e munite di molti sistemi di sicurezza, altro non erano che potenziali ‘bombe galleggianti’ aggredibili, con effetti devastanti, da parte di terroristi o di potenze nemiche. Le Agenzie internazionali di Intelligence vennero colte di sorpresa dall’attacco di un barchino condotto da terroristi di Al Qaida ai danni del cacciatorpediniere USA USS Cole, ad Aden, a riprova di come le preoccupazioni dei Servizi non fossero infondate, nel seguito, prima delle Twin Towers. Riflessioni di questo tipo portarono molti a sconsigliare l’adozione di progetti che ipotizzassero posizionamento di rigassificatori in aree portuali, come nel caso di Brindisi.

Analoghe valutazioni di rischio paiono consigliabili anche per quanto concerne la sicurezza di gasdotti, come purtroppo reso evidente dall’attentato recente alla doppia tratta di Nord Stream 1 e 2 nel Mare Baltico attorno all’isola danese di Bornholm. Per quanto riguarda pipelines su terra, personalmente ricordo top managers Sonatrach riferire di sabotaggi a oleodotti d’abitudine al solo scopo di estrarne idrocarburi per ‘usi locali’. Non sono esperto di intelligence, per cui chiedo a chi ne sa più di me se i citati precedenti possano oggi essere considerati datati ed irrilevanti.

Teleriscaldamento e pianificazione energetica

Nel 1976, giovane Consigliere d’Amministrazione di AGAC (Azienda Gas Acqua Consorziale) di Reggio Emilia con Delega alla Innovazione, mi capitò di essere tra i promotori e realizzatori della esperienza di cogenerazione e teleriscaldamento nota come RETE (Reggio Emilia Total Energy) progetto che elaborammo in CISE, con l’èquipe del Prof. GB Zorzoli, cronologicamente il secondo in Italia, dopo quello di Brescia. Avevo la fortuna di aver dato vita, in ambito CRPA, al Dipartimento ‘Tecnologie Ambientali ed Energetiche in Agricoltura’, dirigendo il quale realizzai il primo digestore anaerobico per liquami suinicoli, il primo impianto di compostaggio di rifiuti organici ed i primi impianti solari termici per l’essiccazione di foraggi.

Entrai così nella squadra di giovani ricercatori che si qualificò come ‘scuola dell’uso razionale dell’energia e delle fonti rinnovabili’ grazie al Progetto Finalizzato Energetica del CNR. Imparammo a fare analisi e pianificazione energetica, così come progettazione e gestione di tecnologie innovative; ci risultava ben chiaro come schemi cogenerativi che recuperassero i cascami termici della generazione elettrica avrebbero indotto un incremento significativo del rendimento della trasformazione.

L’esperienza di San Diego

Nel Settembre ’76, ospite dell’US Department of Energy (DOE), potei studiare il ‘District Heating’ dagli Argonne National Labs ai Centri di Ricerca dell’US Navy a San Diego: era chiaro che associare a schemi cogenerativi reti di Teleriscaldamento fosse ottimizzazione da perseguire. L’aumento del rendimento di processo avrebbe dovuto condurre a benefici importanti anche in termini di costi per i cittadini utenti/clienti del servizio. Sorpresa amara constatare come, nel percorso di ‘privatizzazione’ più che ‘liberalizzazione’ dei Servizi Pubblici locali, la creazione di ‘multiutilities’ finanziarizzate si traducesse in profitti per i soci privati e in emolumenti corposi per il management che generava utili a debito per ripartire dividendi tra i Comuni soci, ma mai in benefici per gli utenti (per non citare il taglio drammatico della manutenzione delle reti, ecc).

Ancor più sorprendente vedere le ‘multiutilities’ fidelizzare gli utenti arrivando ad imporre che i nuovi insediamenti urbani non dovessero avere rete gas. Si è arrivati a tal punto anche per la debolissima azione delle Autorità competenti che avrebbero dovuto tutelare quegli utenti e l’interesse generale. La folle corsa dei costi del gas avviata prima della crisi bellica, grazie all’altrettanto folle scelta di delegarne la definizione alle Borsa di Amsterdam, sta producendo un disastro sociale senza precedenti, mentre le compagnie fossili hanno incamerato extraprofitti miliardari, sui quali nessuna tassazione è stata efficacemente attivata.

Le politiche energetiche nel Comune di Mantova

Ben venga, allora, la scelta operata dalla Amministrazione di Mantova: “7 milioni di Euro tornano ai Mantovani serviti dal Teleriscaldamento, direttamente nelle bollette di Novembre e Dicembre, con sconti dal 20% al 35%”
Sono state dichiarati inaccettabili gli extra profitti per le società distributrici di gas; profitti derivanti dagli effetti distorsivi e speculativi del mercato e anche da alcune componenti tariffarie collegate al costo per metro cubo di gas.
Le previsioni della società Tea Spa dicevano che a fine anno il teleriscaldamento, operativo solo nel Comune di Mantova, avrebbe prodotto un extra utile di 7 milioni di Euro, che torneranno nelle tasche dei cittadini, direttamente in bolletta a Novembre e Dicembre, tramite sconti dal 20% al 35% a seconda dei consumi (media di 6.200 Euro per condominio), scontando le bollette a tutti gli utenti del teleriscaldamento, ristoranti, bar, attività produttive collegate.

Il Comune finalizzerà altresì 1 milione di Euro grazie a Tea Spa (1,7 milioni su tutta la provincia) per due bandi, tra dicembre e gennaio, per gli utenti del mercato libero, a partire dai redditi medio bassi, al fine di aiutarli a pagare le bollette di gas ed elettricità.
Una scelta forte, controcorrente e unica che dimostra l’importanza di avere una società pubblica (Tea), non privata, nella gestione dei Servizi Pubblici Locali.
Secondo il Comune di Mantova, non ci devono essere nel Paese società, anche partecipate dallo Stato, che maturino extra profitti per di più non tassati, in una fase storica come l’attuale.

di Walter Ganapini, membro onorario Comitato scientifico dell’Agenzia Europea dell’Ambiente