RETE ONU: NESSUNO HA IL DIRITTO DI PROIBIRE L’ECONOMIA CIRCOLARE E IL RIUTILIZZO

Il settore dell’usato italiano consente il Riutilizzo di almeno 500.000 tonnellate annue di beni che altrimenti verrebbero smaltiti come rifiuti generando impatti negativi in termini ecologici e sanitari. Il Riutilizzo è la leva centrale e prioritaria dell’Economia Circolare e in Italia dà di che vivere a circa 100.000 famiglie. Rete ONU, la Rete Nazionale Operatori dell’Usato, è l’Associazione che rappresenta il settore di fronte alle Istituzioni.

“Nonostante la normativa ambientale nazionale ed europea affermi che le attività del Riutilizzo vadano sostenute, il settore continua a subire discriminazioni non giustificate” ha dichiarato il Presidente di Rete ONU Alessandro Stillo. “Il DPCM 17 Maggio 2020 sulla gestione della Fase 2 dell’emergenza COVID fa riferimento a Linee Guida della Conferenza delle Regioni e delle Province che, in conflitto con il protocollo INAIL, ipotizzano una competenza dei Comuni nel valutare, quando opportuno, la sospensione della vendita di usato nelle aree pubbliche. Tale provvedimento, già impugnabile di per sé, è stato sovrainterpretato o addirittura frainteso da alcuni Comuni che hanno deciso di vietare tout court la vendita di beni usati nei loro territori”.

“Nessuno ha il diritto di proibire l’Economia Circolare e il Riutilizzo. Eventuali valutazioni di opportunità sulla sospensione della vendita di usato nelle aree pubbliche hanno senso solo quando si riferiscono ai casi in cui il dettagliante dell’usato non rispetta le medesime precauzioni del dettagliante del nuovo. Perché gli standard siano perfettamente allineati, Rete ONU ha prodotto Linee Guida per i dettaglianti dell’Usato che illustrano le misure di precauzione adattandole alla specifica realtà operativa. L’Usato quando viene dalle cantine, è in giacenza da mesi o da anni e viene toccato da meno persone rispetto alle merci nuove. L’abbigliamento usato è sottoposto a certificabili procedure di igienizzazione. Nel caso dello scambio e intermediazione tra cittadini, per arrivare a protezione totale è sufficiente applicare efficaci procedure di igiene in loco. Non c’è alcun pericolo sanitario”.

“Siamo certi” ha dichiarato Stillo “che a volte le decisioni restrittive dei Comuni nei confronti degli operatori ambulanti dell’usato non siano la conseguenza di valutazioni sanitarie ma piuttosto di pressioni indebite da parte di gruppi specifici del commercio ambulante che, facendo fuori l’usato, pensano di accaparrarsi posteggi lasciati liberi per poi posizionare le loro merci nuove. I Comuni non dovrebbero ammiccare a questi sciacalli ma dovrebbero assicurarsi di adottare le misure che realmente proteggono la salute dei cittadini, difendendo allo stesso tempo la fonte di sostentamento di molte famiglie, lo sviluppo locale, i posti di lavoro e l’Economia Circolare”.