Carlo Infante

Gli ecosistemi culturali, tra naturale e artificiale, di Carlo Infante

Tra i panel del terzo summit di Italia smART Community il 5-6 luglio a Parma ce n’è uno in particolare su cui pongo l’attenzione. E’ quello sugli “ecosistemi culturali, tra naturale e artificiale”, un focus su come la dimensione culturale si commisura agli obiettivi di Agenda 2030, rilevando la singolarità di un concetto importante (anche se in troppi ne hanno svalutato la potenzialità) come quello di resilienza che riguarda una nuova tensione creativa tesa ad armonizzare la coscienza ecosistemica, attenta alle biodiversità, con le condizioni abilitanti dell’innovazione digitale e in particolare dell’intelligenza artificiale.

Si tratterà di turismo sostenibile con Sandro Billi (Side Note), accessibilità e design 4 all con Carlo Boccazzi (Hackability), nuove sensibilità sonore con Alessandro “Ottodix” Zannier (musicista, autore di “Entanglement”), quinto paesaggio con Diego Repetto (architetto), rigenerazione urbana con Roberto Tognetti (Direttore Fondazione Riusiamo L’Italia), cura del corpo e del territorio con Rosamaria Maino (Koinè impresa teatrale), simulazione virtuale con Alessandro Furlan (ALTAIR4 Multimedia).
Nel summit è prevista un’elaborazione di Sentiment Analysis processata da una intelligenza artificiale che ascolterà i vari ambiti della discussione.

Massimo Di Leo e Gaia Riposati di Nuvola Project giocheranno con un motore di Natural Language Processing che eseguirà delle analisi del flusso dei discorsi in campo, definendo questo loro approccio Real Time Emotion Analysis. Andranno oltre la sentiment analysis puntuale, operando in tempo reale sul parlato (riconosciuto e analizzato da algoritmi di intelligenza artificiale durante la registrazione e lo streaming) per ricombinare anche delle ulteriori chiavi di interpretazione, interagendo con l’assistente vocale, per rendere più empatico il rapporto tra naturale e artificiale.

Nuvola macro animazione

L’obiettivo è quello di misurarci con un’innovazione adattiva (con Nuvola Project stiamo collaborando anche in una ricognizione teorica sulla Digital Transformation che trova luogo in un corso all’Università Mercatorum) attraverso cui svolgere una doppia funzione. Quella di far adattare l’innovazione ai nostri comportamenti creativi e allo stesso tempo innalzare il nostro livello di performance, con soluzioni che “aumentino” il nostro potenziale cognitivo (come il discernimento dei tanti dati che produciamo), secondo i principi generativi del performing media.

Uno dei nodi strategici da affrontare per i sistemi culturali è come misurarsi con l’intelligenza artificiale visto che permette la programmazione di sistemi digitali capaci di interpretare l’intelligenza nella sua articolazione più complessa, a partire da quella umana. Non si tratta solo di intelligenza come capacità di calcolo o di conoscenza di dati astratti e simbolici ma elaborazione di percezioni, cognizioni e atti decisionali per ottimizzare i processi di organizzazione sociale. Un sistema d’intelligenza artificiale si misura con le differenti forme di intelligenza espresse dalla condizione umana, per arrivare a ricreare particolari comportamenti che i sistemi digitali possono elaborare con processi di autoapprendimento come quelli del machine learning. Il punto su cui investire le migliori attenzioni culturali è nel creare ulteriori processi di reciprocità, cercando di orientare queste elaborazioni di dati, attraverso il processo “bottom up” (dal basso verso l’alto), perchè siano il più possibile funzionali all’evoluzione umana, secondo il principio dell’innovazione adattiva.

Silvio Panini, autore teatrale e pensatore ecosistemico

Il summit sarà anche l’occasione per ricordare la figura di Silvio Panini, autore teatrale e pensatore ecosistemico che con la Koinè ha creato un modo per coniugare cultura e agricoltura, naturale e artificiale, innestando sapienza ecosofica in progetti di performing media che hanno connotato la nuova sensibilità scenica. Si tratta di un’esperienza che ha aperto una breccia che solo oggi viene ben compresa, agendo al di fuori degli spazi omologati dei teatri. Ciò che la Koinè porta in scena non è un prodotto trasferito in un contesto deputato, ma un processo di rivelazione del territorio in cui interviene. Ciò significa entrare in relazione con le comunità, le storie e le culture materiali (focalizzando le caratteristiche eno-gastronomiche che stanno sotto a tutto) utilizzando il linguaggio specifico del teatro per farlo interagire con le nuove tecnologie della comunicazione quali la radio ed altri dispositivi audio e video, dando forma e senso al performing media prima dell’avvento digitale.

di Carlo Infante, Urban Experience