Rifiuti tessili urbani

Rifiuti tessili: obbligo di raccolta differenziata dal primo gennaio 2022

Il legislatore italiano nel Decreto di recepimento ha anticipato l’obbligo della raccolta differenziata dei rifiuti tessili urbani al 1°gennaio 2022. Oggi lo smaltimento corretto del tessile sta al “buon cuore” dei Comuni e/o delle Associazioni di volontariato che ne assumono la gestione a scopo benefico ma la raccolta è ben al di sotto della media europea; dall’attività di selezione e valorizzazione si ottiene circa il 40% di prodotti da avviare al mercato dell’abbigliamento usato, circa il 50% di materiale da avviare alla trasformazione in pezzame industriale, imbottiture e materiali fonoassorbenti e circa il 10% di rifiuti veri e propri.

Una delle criticità per lo smaltimento corretto è data anche dalle nuove fibre sintetiche e della loro difficile trasformazione (a parte il pile proveniente dalla plastica ormai un classico).

I dati sui rifiuti tessili

Si stima che una famiglia italiana media si disfi, ogni anno, di circa 20 kg di vestiti (senza considerare gli accessori) ormai superflui e che, di conseguenza, ne acquisti altrettanti. Vista questa propensione è giusto porsi qualche domanda in più (e il fast fashion ha notevolmente peggiorato la situazione).
Per non perdere tempo basterà informarsi prima per capire quali sono le aziende etiche e muoversi quindi senza indugio. Un aiuto potrebbe provenire da quelle catene che ritirano vestiti usati e concedono un buono sconto per un successivo acquisto.

Buona fonte di informazione è il sito www.abitipuliti.org, spazio web della Campagna Abiti Puliti – sezione italiana della Clean Clothes Campaign – che opera per sensibilizzare consumatori, imprese e governi. Offre solidarietà e sostegno diretto agli operai che lottano per i loro diritti e chiedono migliori condizioni di vita.

Quando diventano sostenibili i nostri armadi?

Quando compriamo indumenti usati nei mercatini o nei negozi vintage, oppure vestiti nuovi del commercio equo e solidale, o abiti prodotti in canapa o cotone biologico o in altri materiali etici o capi che riportano l’etichetta Made in Italy, il cui acquisto sostiene la nostra economia. In quest’ultimo caso, purtroppo, la legge non aiuta molto il consumatore; basta infatti che una zip sia stata cucita nel nostro Paese e la merce in questione può fregiarsi di quel marchio.

Ogni acquisto è un voto all’azienda produttrice

Ogni volta che procediamo con un acquisto è come se stessimo dando il nostro voto all’azienda che lo ha prodotto, la premiamo senza resa, compiamo un passo importante cui spesso diamo poco peso. Dietro a famosi e storici marchi di abbigliamento si nasconde talvolta uno sfruttamento senza pari sia dei lavoratori che producono quelle merci, sia dell’ambiente sempre più povero, sia degli animali (troppi i pesticidi utilizzati dannosi per tutti).