I prezzi salgono, anche quelli dell’energia e la maggior parte degli stipendi restano al palo. Ma come funziona il riscaldamento domestico? L’ISTAT ha comunicato i risultati dell’indagine che aiuta a capire quali siano le fonti energetiche primarie utilizzate per scaldare le nostre case e l’acqua sanitaria.
Le fonti rinnovabili stentano ad ottenere il successo che meriterebbero e il metano, fonte fossile, è fra le principali scelte. Le statistiche sono riferite al 2020, paragonato agli andamenti del 2013, quando il lockdown ha caratterizzato, è gioco-forza, il periodo, aumentando le ore di accensione dei termosifoni bilanciato, dal punto di vista dell’inquinamento, dal numero ridotto dei veicoli nelle strade.
Riscaldamento domestico: cosa scelgono gli italiani
Il 68% della popolazione nel 2020 ha riscaldato le abitazioni grazie al metano, anche perchè se si abita nel condominio di una grande città è impossibile scegliere la fonte, a meno che non si abbia in aggiunta al riscaldamento centralizzato e semiautonomo, un camino o una stufa che funzioni a legna, a pellet, a bioetanolo o elettrico. Il 15%, tra coloro che hanno potuto decidere ha preferito il riscaldamento a biomassa, cioè prodotto dalla combustione di sostanze organiche, come legna, pellet o materiali di scarti industriali. Dieci anni fa solo il 5,1% degli italiani usava fonti elettriche per scaldarsi; oggi questa percentuale è salita all’8,5. Infine il 5,6% opta per il GPL e il 2,6 per il gasolio.
Analizziamo le fonti rinnovabili: grazie agli incentivi statali cresce l’energia solare; il nord sceglie soprattutto il fotovoltaico nonostante il picco dei consumi di metano sia in Emilia Romagna e Lombardia. Virtuosa la Valle D’Aosta rispetto alle altre regioni che prova a scaldarsi con l’energia pulita nonostante i suoi comuni siano tra i più freddi d’Italia. Abitazioni autonome forse permettono ai proprietari di decidere meglio e installare i pannelli. Un dato interessante lo vediamo in Sardegna: nel 2020 l’isola non era allacciata alla rete di gas metano e le fonti preferite erano le biomasse, l’energia elettrica, il GPL e il gasolio.
Nel 2020, anno preso di riferimento dall’ISTAT per comprendere i dati del riscaldamento domestico, la pandemia è quindi i 2 mesi abbondanti di lockdown hanno portato gli italiani a spendere di più per scaldarsi e a tenere accesi i termosifoni per un maggior numero di ore (circa 10 al giorno nel settentrione). Al centro le ore sono poco più di 7 e al sud 6,34. Oggi, visti i fattori contingenti, dobbiamo provare tutti a risparmiare qualcosa visto che ci attende un 2023 difficilissimo.
Acqua sanitaria: quali sono le fonti energetiche
Anche qui il metano spadroneggia, e il 69,2% lo sceglie. Il 5,5% si affida alle biomasse mentre il 16% scalda l’acqua per uso domestico con l’energia elettrica. Lieve flessione per il GPL (16,3%) e il gasolio (1,4%). Buone notizie per il solare-termico, si passa dallo 0,7 all’1,4%. Docce sempre più etiche per chi ha un’abitazione monofamiliare.
E infine qualche curiosità sugli elettrodomestici più amati. Quasi tutti hanno un frigorifero e una lavatrice. Il 27,3% ama riporre il cibo in freezer per un successivo consumo ma l’aumento sorprendente è dato dalla lavastoviglie (50,02%) e l’asciugatrice (15,8%) che segnano un incremento superiore al 10%. Lavare i piatti a mano, ormai è noto, comporta un consumo di acqua maggiore, acqua spesso calda, rispetto alla lavastoviglie ormai di classe A+++.