La sostenibilità nei suoi ambiti sociale ed ambientale non è più un’opzione per le aziende ma una scelta prioritaria e non più eludibile, ecco la necessità delle società benefit. L’evoluzione della normativa europea è un esempio lampante. Il regolatore, sia europeo e in cascata nazionale, sta sempre più allargando il campo di azione, non sono solo le grandi imprese o le quotate a dover dichiarare il proprio impegno in tal senso, ma ora l’obbligo riguarda anche realtà di medie dimensioni.
La direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità approvata dal Parlamento (Direttiva CSRD, Corporate Sustainability Reporting Directive) introduce obblighi di comunicazione più dettagliati e garantisce che le grandi imprese siano tenute a comunicare informazioni relative alle questioni di sostenibilità, come i diritti ambientali, i diritti sociali, i diritti umani e i fattori di governance. Questo estende il target di imprese europee interessate che passa dalle attuali 11mila a 49mila: in Italia parliamo di 4-5mila imprese, a fronte delle attuali 200 che predispongono la DNF (Dichiarazione Non Finanziaria).
Società Benefit: etiche e responsabili
Seguire le regole è sufficiente per invertire la rotta? Lo sforzo del legislatore è importante, ma l’esempio delle Società Benefit indica che esiste anche un ambito “etico” e “di responsabilità”, legato ai valori che hanno ispirato l’imprenditore nel costruire la sua impresa: si passa da un’accettazione passiva del framework legislativo ad una scelta consapevole che produce beneficio comune, insieme al profitto, generando un cambiamento del sistema verso lo sviluppo sostenibile.
La sfida delle società benefit è quella di provocare una trasformazione della competitività del mercato che riguarda gli aspetti salienti del business: la produttività, la remunerazione del capitale, la gestione dei dipendenti, il rapporto con fornitori e clienti. Noi lo vediamo in Assobenefit nel racconto delle nostre socie e del loro contributo sul territorio e le comunità a cui è destinato il beneficio comune. La forza trainante del profitto rimane ed è fondamentale per la giusta sussistenza dell’impresa, ma non è l’unico scopo dell’imprenditore.
Misurare il proprio impatto
Alla finalità di beneficio comune si collega la valutazione dell’impatto: per questo è importante non dimenticare l’utile strumento delle metriche, per poter “misurare” il proprio impatto, poterlo dichiarare e per agganciarlo alla redditività dell’impresa, per esempio al capitale reputazionale dell’impresa.
Infine, mi piace concludere con un esempio di una nostra associata, Sagelio, che alla domanda “ cosa significhi essere società benefit, risponde così:
La ricerca di un impatto positivo è intrinseca al perseguimento del profitto economico, perché la società nasce con l’intento di portare benefici ambientali e sociali sul territorio e ciò è possibile solo tramite il raggiungimento di risultati (anche) finanziari. Essere società benefit significa poi avere una base valoriale speciale e precisa, che si traduce nel modello aziendale, nella pianificazione operativa e nella scelta di collaboratori e partnership esterne. Ciò agisce tanto sulla motivazione lavorativa quanto sul dialogo verso clienti, grazie alla creazione di un collegamento più profondo con il proprio interlocutore.
(l’intera intervista è disponibile qui)
di Laura Bettinelli, Direttrice AssoBenefit