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Sostenibilità, eventi, tecnologie e compensazione a impatto zero, di Walter Ganapini – Green Deal

Poche realtà possono competere con le Organizzazioni religiose in fatto di sostenibilità e impegno concreto per realizzare esperienze di cambiamento di comportamenti e stili di produzione, consumo, vita, nel contesto ogni giorno richiamato dal Papa della crisi climatica che affligge la Casa Comune Terra.

Importanti progetti hanno preso corpo a livello internazionale: nel nostro Paese crescono ovunque le Comunità Laudato Sì che però fanno i conti con ritardi culturali e normativi che rischiano di mortificare la diffusione di ‘buone pratiche’ al servizio della Transizione alla Ecologia Integrale. Valga per tutti il ritardo della approvazione di Decreti attuativi circa lo sviluppo delle Comunità Energetiche Rinnovabili Solidali e la individuazione di aree idonee per impianti a fonti rinnovabili; “Ogni Parrocchia divenga Comunità Energetica” era l’obiettivo centrale proposto dalla 49esima Settimana Sociale dei cattolici italiani tenutasi due anni fa a Taranto ma l’inazione burocratica e politica certo non aliena da interessi fossili sta mettendo a rischio decine di iniziative avviate.

Sostenibilità e riduzione della CO2

Personalmente ho avuto la fortuna già dal 2017 di vivere progetti di sostenibilità divenuti iconici da FraSoleAssisi  promosso presso il Sacro Convento di Assisi dal Padre Custode Frà Mauro Gambetti, poi creato Cardinale e nel 2021 nominato Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, a Economy Of Francesco (EoF) del 2022.

EoF è oggi benchmark riconosciuto dalla Piattaforma ICESP di ENEA e dalla Commissione Europea per quanto inerisce, già dalla fase progettuale dell’evento, il ricorso al MERC approach – Measure, Avoid, Reduce, Compensate e la conseguente individuazione di buone pratiche miranti alla riduzione delle emissioni climalteranti e alla misurazione dell’impatto ambientale: no a bottiglie di plastica, utilizzo di acqua pubblica, riduzione del packaging non necessario, no all’utilizzo di oggetti mono-uso, anche se per la pandemia le autorità sanitarie hanno imposto l’utilizzo di posate e di contenitori mono-uso scelti tra i meno impattanti, biodegradabili e compostabili, raccolta differenziata che alla fine è stata superiore al 90%, proposta a partecipanti, provenienti da tutto il mondo, che non potevano certo conoscere le regole di tale pratica, per cui è stata predisposta adeguata comunicazione e assistenza con volontari preventivamente formati.

Green anche nella ricettività

Per il cibo, anche per offrire un sostegno all’economia locale, si è data priorità a cibi prodotti sul territorio, a chilometro zero e biologici, con le uniche eccezioni di cibi prodotti su terreni confiscati alla criminalità organizzata o in circuiti dell’economia carceraria importanti per il loro elevato impatto sociale. Nessun pasto è andato sprecato, perché, appena terminata la distribuzione dei pasti, subito si muoveva l’organizzazione delle realtà locali coinvolte per consegnare l’eccedenza a strutture attive nel contrasto alla povertà. Allestimenti realizzati con materiali certificati PEFC, poi riutilizzati in altri eventi, come nel caso di #Notalone “World meeting on Human Fraternity” organizzato dalla Fondazione Fratelli Tutti il 10 giugno 2023.

La gestione di EconomyOfFrancesco è intervenuta anche sulla organizzazione sostenibile della ricettività, adottando il modello della ricettività cosiddetta povera: la maggior parte dei partecipanti ha alloggiato in stanze quadruple, triple e doppie, anche per favorire la socializzazione, messe a disposizione da strutture come conventi, case di accoglienza e ostelli, limitando cioè al massimo il ricorso a stanze singole in strutture alberghiere.

Molto si è infine lavorato sulla sostenibilità e sul contenimento dei consumi energetici. Adottando soluzioni tradizionali standard in tema di flussi di materia, energia elettrica, acqua, rifiuti e pernottamenti, l’evento avrebbe generato emissioni per circa 144 tonnellate di CO2 equivalente: le attività introdotte, invece, hanno permesso di ridurre le emissioni complessive a poco più di 27 tonnellate CO2 equivalente, con un risparmio di oltre 116 tonnellate di CO2 equivalente.

La Basilica di San Pietro a emissioni zero

Accurato monitoraggio e rendicontazione dei risultati certificati sono la base del Rapporto di Impatto dell’evento. Adottando le buone pratiche di EoF, anche per l’incontro Together – Gathering of the People of God del 30 Settembre 2023 si è concepito un Piano di Custodia del Creato con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale dell’evento, trasformandolo in un autentico Pellegrinaggio di Ecologia Integrale.

Dal 2022, poi, la Fabbrica di San Pietro (FSP), responsabile di conservazione e manutenzione della Basilica di San Pietro, presieduta dal Cardinale Gambetti, ha attivato un Progetto di sostenibilità, fondato sulle migliori metodologie di lettura sistemica dei flussi In e Out e sulle migliori tecnologie disponibili, per portare la Basilica e gli edifici di pertinenza a “emissioni nette zero” in vista del Giubileo2025.

Un Comitato Scientifico valida gli obiettivi progettuali gerarchizzati in scala di priorità applicando approcci basati sulla scienza per ridurre l’impronta ambientale a partire dalla raccolta dei dati relativi ai flussi di materia e alle sorgenti generatrici di gas serra nel Perimetro di Progetto (emissioni dirette, emissioni indirette derivanti da generazione di elettricità acquistata, riscaldamento, raffreddamento, altre emissioni indirette di filiera) e cura le azioni di monitoraggio, rendicontazione e certificazione dei risultati.

Gli obiettivi dell’Agenda2030 in vista del Giubileo2025

Il Progetto rivisiterà i manuali operativi esistenti per tendere alla ottimizzazione gestionale dei processi organizzativi interni, provvedendo allo sviluppo di strumenti informativi (Kit del Pellegrino, App, ecc) da fornire ai fedeli in arrivo, per conseguire obiettivi coerenti con i SDGs dell’Agenda2030, cui oggi si affiancano i complementari sette Obiettivi Laudato Sì della piattaforma attivata dal Dicastero Vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.

Il Comitato Scientifico articola i propri lavori nelle seguenti aree tematiche: – Metodologia di raccolta/elaborazione di dati ambientali e flussi materia/energia ‘input/output’ – Individuazione di obiettivi e conseguenti interventi strutturali/tecnologici/gestionali/logistici – Analisi economico-finanziaria-giuridica di interventi e scenari di internazionalizzazione – Validazione della progettazione di massima ed esecutiva degli interventi prioritari – Assetto organizzativo (risorse umane, formazione, strategie di manutenzione) – Strategie e strumenti di reporting, certificazione e comunicazione dei risultati di Progetto.

In Nigeria e Kenya un progetto per compensare le emissioni

Nel corso di un recente Seminario di Greenaccord, sono poi venuto a conoscenza di un progetto per compensare le emissioni di CO2 relative alle attività del Sinodo grazie a progetti di sostenibilità capaci di generare un credito di Carbonio tale da bilanciare il debito accumulato. Il progetto scelto per la compensazione delle emissioni si realizzerà in Nigeria e Kenya, con il dono alle comunità di stufe da cucina efficienti e strumenti innovativi di purificazione dell’acqua, così da ridurre significativamente il consumo di biomassa non rinnovabile e di combustibili fossili. Nascono da questa informazione una riflessione ed un ricordo.

La riflessione riguarda il dibattito finalmente apertosi circa la nozione di compensazione ed i meccanismi finanziari che producono crediti di Carbonio, da molti analisti considerati inaffidabili. Lo scambio delle emissioni sui mercati della CO2 hanno diverse forme, controverse, con critiche soprattutto in tema di compensazioni volontarie. Secondo The Guardian:

La stragrande maggioranza dei progetti ambientali più frequentemente utilizzati per compensare le emissioni di gas serra sembrano avere carenze fondamentali” e “non si può fare affidamento su di essi per ridurre le emissioni che riscaldano il pianeta.

Investimenti senza impatto migliorativo

Dall’analisi si evince come 39 dei 50 principali progetti di compensazione (per un ammontare di 1,1 miliardi di dollari) siano da classificare come spazzatura, 8 come spazzatura probabile per gravi difetti di base, mentre per 3 mancano informazioni sufficienti per la valutazione. Le compensazioni si basano su un mercato volontario meno regolamentato di quello “ufficiale”: società di certificazione vendono a investitori (compagnie fossili, compagnie aeree, marchi di fast food, case di moda, aziende tecnologiche, università) che scelgono di pagare riduzioni di emissioni altrove piuttosto che innovare i modelli produttivi, progetti di dubbia qualità sostenibile.

Comprando crediti di Carbonio quali progetti di salvaguardia di foreste come Carbon sink vorrebbero dimostrare di aver ridotto la propria impronta ecologica, ma spesso si tratta di investimenti senza alcun impatto migliorativo rispetto allo scenario di base. Il progetto scelto per la compensazione delle emissioni del Sinodo va in una direzione diversa. E qui, pensando al dono alle comunità di stufe da cucina efficienti, emerge il ricordo.

Le strategie di sostenibilità degli anni ’80 nei Paesi in via di sviluppo

Agli inizi degli anni ’80 analizzavamo in ambito PFE-CNR/ENEA, come scuola italiana di ecosviluppo, successi e fallimenti di strategie economiche per Paesi in via di sviluppo (PVS): emergeva come critico il modello di trasferimento (‘Technology Transfer’) ai PVS di tecnologie anche avanzate, i cui effetti squilibranti erano palesati dagli studi dell’US Office of Technology Assessment (OTA). Studiavamo l’insieme tecnologie intermedie, cioè più avanzate di quelle tradizionalmente in uso nei Paesi del Terzo Mondo, ma che per il loro carattere di piccola scala, semplicità costruttiva, necessità di basso investimento, possibilità di alti impieghi di manodopera si potessero inserire nel tessuto socioeconomico di quei territori non come cattedrali del deserto.

Si dibatteva di «tecnologie a basso prezzo», di «tecnologie soft» che non avessero sulle condizioni ambientali e sociali il forte impatto negativo delle «tecnologie hard», di «tecnologie alternative». Focalizzammo allora il concetto di «tecnologie appropriate» che avessero delle caratteristiche in comune:

  • Essere ad intensità di lavoro relativamente alta (e a intensità di capitale relativamente bassa);
  • Permettere il decentramento in piccole unità diffuse sul territorio;
  • Valorizzare le risorse umane e naturali locali;
  • Rispettare le condizioni sociali e culturali locali;
  • Risparmiare energia e materie prime scarse.

Messo in discussione il nodo teorico «quali tecnologie per quale sviluppo», scegliemmo come campo sperimentale del nuovo approccio quello della battaglia alla deforestazione in Africa, fenomeno allora dovuto principalmente al prelievo di legname da parte delle comunità locali allo scopo di cucinare il cibo.
Il rendimento di tale pratica era bassissimo, poiché il focolare era costituto da tre pietre: emerse la proposta di dotare le comunità di improved ovens’ stufe in metallo che garantissero rendimenti almeno dieci volte superiori al focolare di pietre.

L’approccio tecnico per quanto corretto non sempre è efficace

Dal Mali alla Guinea allo Zimbabwe iniziarono contatti di cooperazione, da cui emerse come un approccio meramente tecnico a poco servisse e come le tecnologie appropriate dovessero nascere da un approccio sistemico che vedesse dialogare con le comunità dagli ingegneri agli antropologi. Nelle culture tribali le tre pietre del focolare erano simbolo della matriarca: quando una giovane ne avesse sposato un figlio, per anni avrebbe dovuto cucinare su quelle pietre, sino a che la matriarca non le concedesse di andare a sceglierne di nuove, segno di legittimazione e traslazione di potere.

Qualunque proposta di stufa realizzata da terzi, per di più in produzione seriale, per quanto a piccola scala, avrebbe sminuito il senso della traslazione e il valore identitario, di unicità del focolare. Andava poi messo in conto che il metallo necessario a realizzare la stufa aveva un costo e che pochi erano gli artigiani capaci di lavorarlo: provammo allora la strada di una manifattura artigianale di stufe in terracotta, materiale più in uso presso quelle comunità. In alcune realtà poi non veniva accettato che la stufa fosse munita di un piccolo camino, ciò che ne avrebbe ulteriormente migliorato il rendimento, potenziando la mitigazione del grave fenomeno desertificazione: ciò perché era uso comune mantenere il fumo all’interno della capanna per tenerne lontani insetti ed altri animali nocivi.

Gli effetti della globalizzazione

Quando le prime esperienze di applicazione della tecnologia appropriata co-progettata con le comunità presero piede, tutto venne travolto dalla irruzione della globalizzazione deregolata i cui effetti devastanti hanno causato le crisi sistemiche che oggi ci sovrastano. Tutto questo accadeva 40 anni fa.

Per questo confido che la compensazione delle emissioni degli eventi Sinodali con la fornitura di stufe a comunità nigeriane e kenyote riprenda il filo ed i contenuti di quello che la scuola italiana dell’ecosviluppo in campo energetico ed ambientale seppe proporre a inizi ’80. Era un’altra Italia, temo, in un mondo che pareva consentire maggiori speranze di lotta a povertà, disuguaglianze, cultura dello scarto, idolatria del profitto. Comunque sia, ora, avanti sul cammino della Transizione!

di Walter Ganapini, membro onorario Comitato scientifico dell’Agenzia Europea dell’Ambiente