L’informazione ambientale è certamente uno dei pilastri su cui fondare una nuova economia, più sostenibile. Negli ultimi anni è aumentata nella società la percezione che questo tema sia connaturato ad ogni attività umana. Ma si rende necessario, al contempo, un cambio di passo sia da parte dei decisori pubblici, sia da parte di coloro che governano il “settore”, affinché la comunicazione ambientale non sia solo quella delle grandi emergenze naturali, ma abbia uno spazio costante fondato su basi scientifiche non confutabili che possa alimentare un circolo emulativo virtuoso, a tutti i livelli.
Accano ai grandi editori esiste una “stampa alternativa” e di controinformazione che viene dal basso. Il ruolo della conoscenza, i meccanismi attraverso i quali la stessa si costruisce e si trasmette, l’informazione in senso lato, rappresentano un diritto dei cittadini e un dovere delle amministrazioni: un interesse generale da preservare e incentivare, uno dei pilastri fondamentali dell’esercizio del diritto di cittadinanza ma anche una leva per agire sulle politiche ambientali e sul mercato.
In democrazia tutti abbiamo il diritto di esprimerci: e così le riviste, i quotidiani, le radio, i siti web, anche quelli che non hanno tirature o ascoltatori da record ma che, pur di nicchia, rappresentano fasce importanti della società, non dovrebbero rimanere ai margini. E’ sempre più in crescita una stampa green, di settore, basata su fonti scientifiche, dove viene raccontato tutto quello che ancora, soprattutto il sistema mainstream, non rivela. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di un’informazione politicamente e moralmente libera, in cui si cerca di dare una chiave di lettura della società diversa, promuovendo stili di vita più sostenibili.
Ma come si sostiene questo canale così importante ma così fragile nel contempo?
Il sostegno pubblico all’editoria, ex lege 250/90, venne istituito in risposta all’articolo 21 della Costituzione che recita: “Tutti hanno diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Negli ultimi anni la politica ne ha messo in seria discussione la continuità e la sua stessa esistenza. Si rende sicuramente necessaria una ulteriore riforma che permetta di erogare i finanziamenti a chi ne ha davvero bisogno (non ai furbi) e che consenta allo Stato, nello stesso tempo, di fare efficienza. I contributi pubblici, oggi, sono ancora più necessari considerando la recessione che ha costretto le aziende a ridurre gli investimenti pubblicitari. Molti editori rischiano la chiusura e migliaia di giornalisti ed operatori del settore il licenziamento.
La sostenibilità può e deve essere la leva da cui far ripartire un diverso sviluppo che sappia conciliare l’interesse generale con quello particolare, rimettere in movimento l’occupazione (soprattutto giovanile), e incentivare e appassionare un nuovo pubblico di lettori.
di Marzia Fiordaliso