Un flashback, la seconda guerra, il silenzio, la città di Marzia Fiordaliso

Come accadeva fin dagli anni della adolescenza, Nina anche quell’agosto era tornata nel piccolo paese arroccato sulla collina, luoghi della memoria ai quali si sentiva tenacemente legata tanto che era solita trascorrervi almeno due settimane ogni estate.
Lì erano nati i suoi nonni e i suoi genitori, lì aveva trascorso momenti privi di pensieri e dormire nella vecchia casa di famiglia le dava ancora la sensazione di ritrovare un po’ di quella felicità, era come ridiventare la ragazzina leggera e piena di sogni che era stata e rivivere le stesse emozioni di allora.
Nina dormiva di un sonno leggero tale da consentirle di apprezzare il silenzio intorno a lei, una pace che di lì a pochi giorni avrebbe rimpianto tornando nella metropoli caotica in cui viveva. Il pensiero del rientro in città e quindi la ripresa del lavoro unita al carico delle responsabilità familiari le creava sempre una sensazione di angoscia e di rifiuto.
Fu in quel frangente preciso che udì una serie di detonazioni ad intervalli ravvicinati e, come le accadeva da bambina, il cuore le si fermò in gola. Guardò verso la finestra dove la luce filtrava dalle persiane socchiuse trattenendo quasi il respiro: in quell’istante le sue paure svanirono quando, come in un lampo, si rese conto che erano iniziate le tradizionali celebrazioni di rito per onorare il Santo Patrono e quelle esplosioni terrificanti altro non erano che un segnale di festa e di allegria per tutti gli abitanti del paese ma iniziò anche a riflettere sul fatto che quella gioia non era di certo condivisa dagli animali pietrificati dalla paura.
Scampato il pericolo a Nina le si aprì il cuore ma questo non le impedì di rievocare, come in una serie di flashback, il suono della sirena che preannunciava ben altre esplosioni e di rivedere suo padre correre affannosamente, insieme a tanta altra gente, verso un luogo al riparo dai bombardamenti con lei piccolissima stretta fra le braccia e la paura di non uscirne vivi. E poi la mamma dov’era, perché non scendeva insieme a loro? Perché preferiva continuare a cucinare in casa come se nulla stesse accadendo? Che donna era, fiera, sprezzante del pericolo e chissà magari affetta da un profondo senso di claustrofobia…
Non erano ricordi nitidi i suoi ma l’angoscia di quelle ore trascorse nel sotterraneo senza luce né aria, stretti gli uni agli altri con il terrore di fare la morte dei topi, le erano rimaste nell’anima e l’avevano segnata per sempre.
Maledette guerre e maledetti coloro che imbracciano un’arma per spezzare il filo della vita…