Per i Lunedì d’autore “Una speranza per il Pianeta” di Giuseppe Onufrio, Direttore esecutivo Greenpeace Italia
L’altra frontiera è quella dell’efficienza specie negli edifici, su cui è possibile fare moltissimo e riqualificare un intero settore economico così importante.
In un certo senso il pianeta non è mai stato così vicino a una crisi globale gravissima – legata sia al clima che a conflitti crescenti in medioriente – e, allo stesso tempo, a una possibile soluzione di questa crisi. Nel momento in cui sarà chiaro che petrolio e carbone potranno essere messi da parte (è solo una questione di tempo) molti dei conflitti legati alle risorse avranno meno ragione d’essere.
Sole e vento, invece, sono molto meglio distribuiti e, dunque, un pianeta basato su queste fonti sarà migliore sia per l’ambiente che per la pace. Ma non avverrà senza il contributo di tutti: la battaglia è ancora aperta.
I cambiamenti climatici stanno accelerando in modo preoccupante, facendo registrare in questi ultimi anni continui record nelle temperature globali e una preoccupante accelerazione di tutti i parametri critici – dall’aumento del livello dei mari allo scioglimento dei ghiacci – e gli impatti sono più gravi sulla parte più debole e povera del pianeta che è, allo stesso tempo, la meno responsabile e la meno attrezzata per resistere a condizioni climatiche sempre più difficili.
Questo concetto fa parte del nucleo dell’Enciclica di Papa Francesco Laudato sì, che ha lanciato un messaggio di grande importanza a tutti, credenti e non.
Un messaggio che aumenta le speranze di vedere una svolta nelle politiche internazionali, per la quale lo scetticismo è legittimato da quasi due decenni di fallimenti: le lobby che proteggono gli interessi industriali legati alle fonti fossili – carbone e petrolio in primis – hanno finora avuto la meglio. Ma, nonostante ciò, la speranza c’è ed è alimentata, oltre che da messaggi importanti, anche da una rivoluzione silenziosa che, con fatica, si va facendo strada in tutto il mondo e che sta cambiando il mercato dell’energia.
Oggi le fonti rinnovabili stanno diventando competitive in diverse parti del mondo e l’evoluzione dei loro costi è in continua discesa. Gli investimenti, per esempio in Paesi come la Cina, da pochi anni superano quelli in fonti fossili. Allo stesso tempo in questi mesi, importanti fondi di investimento, come il fondo pensione norvegese, hanno deciso di iniziare a disinvestire dal carbone. Segnali ancora iniziali, ma che sembrano l’inizio di un movimento importante.
La verità è che in pochi anni si sono create le condizioni per modificare radicalmente il nostro modo di produrre e consumare energia, sia in termini di capacità industriale che di riduzione dei costi. Così nel settore della produzione di elettricità, la possibilità di eliminare progressivamente il carbone è oggi pensabile, ma richiede una trasformazione delle reti. Anche in India è possibile dare elettricità usando solo il solare e a costi accettabili: Greenpeace lo ha dimostrato a Dharnai, un villaggio di 2.400 persone, con una microrete alimentata solo da solare e fornita di batterie per fornire la luce di notte quando il sole non c’è.
Un elemento importante di questa rivoluzione sono proprio le batterie, il cui costo continua a scendere costantemente: minori costi e maggiori capacità stanno portando le prime auto elettriche sul mercato a costi accettabili. Sappiamo che buona parte delle riserve petrolifere dovrebbe rimanere nel sottosuolo se vogliamo evitare cambiamenti climatici catastrofici. E ora vediamo che una alternativa è già presente sul mercato e promette di ridurre i costi rapidamente.
Le città dovranno cambiare sistema di funzionamento: smart grids – reti elettriche intelligenti – per gestire produzione distribuita di energia elettrica e consumo – stazioni di ricarica per auto elettriche e tutta una serie di misure per la mobilità sostenibile.