Il VI Rapporto sull’economia circolare in Italia, realizzato dal Circular Economy Network (CEN) e da ENEA, evidenzia il grande lavoro delle piccole e medie imprese: il 65% dichiara di mettere in atto pratiche di riuso, oltre il doppio rispetto al 2021 e stupirà forse sapere che quasi un quinto di quello che produciamo viene dal riciclo: nel tasso di utilizzo circolare di materia siamo secondi solo alla Francia mentre la produttività delle risorse vale mediamente 3,7 euro per chilo, contro la media UE di 2,5 euro per chilo.
Puntare sulla circolarità deve essere la via maestra per accelerare la transizione ecologica e climatica e aumentare la competitività delle nostre imprese – ha dichiarato Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network – Ancora di più per un Paese povero di materie prime e soprattutto, nel contesto attuale, caratterizzato da una bassa crescita e dai vincoli stringenti del rientro del debito pubblico. L’Italia può e deve fare di più per promuovere e migliorare la circolarità della nostra economia, con misure a monte dell’uso dei prodotti per contrastare sprechi, consumismo e aumentare efficienza e risparmio di risorse nelle produzioni; nell’uso dei prodotti, promuovendo l’uso prolungato, il riutilizzo, la riparazione, l’uso condiviso; e a fine uso, potenziando e migliorando la qualità del riciclo e l’utilizzo delle materie prime seconde.
Il futuro del Green Deal passa attraverso l’economia circolare
L’Italia prima in classifica per il tasso di riciclo dei rifiuti pari al 71,7%, 8% in più della media UE27 (64%). Inoltre, il riciclo dei rifiuti urbani in Italia è cresciuto del 3,4% tra il 2017 e il 2022, raggiungendo il 49,2%. La media UE è del 48,6%, la Germania “vince” con il 69,1%.
Sempre in testa con il riciclaggio dei RAEE: nel 2021 è stato pari all’87,1% (meno due punti percentuali rispetto al 2017), con una media UE dell’81,3%. Tutto ciò a fronte di una produzione media pro capite dei rifiuti urbani di 513 kg nel 2022 nella UE; mentre in Italia siamo passati dai 504 kg/ab del 2018 ai 494 kg/ ab del 2022.
Nel 2021 nella UE27 gli occupati in alcune attività dell’economia circolare erano 4,3 milioni, il 2,1% del totale; in Italia 613.000, cioè il 2,4%, +4% rispetto al 2017; siamo secondi dopo la Germania, che conta in questi settori 785.000 lavoratori (1,7% sul totale).
Le criticità: rame e terre rare
Il rame rientra tra le materie prime strategiche ed entro il 2050 la sua domanda potrebbe raddoppiare. Il problema è che l’Europa ha solo il 3% delle riserve globali, mentre la maggior concentrazione di riserve si trova in Cile (31%), Perù (11%), Repubblica Democratica del Congo (9%). Fortunatamente il rame è ampiamente riciclabile ed è già oggi riciclato in quantità significative che vanno ulteriormente aumentate.
Stesso discorso per le terre rare, alcune delle quali sono usate nei magneti permanenti e strategiche per le rinnovabili, la mobilità elettrica e l’elettronica. A livello mondiale, l’85% circa delle terre rare leggere e tutte le terre rare pesanti impiegate dipendono dalla Cina. Possibile, anche questa volta, recuperare le terre rare dal riciclo di materiali a fine vita e innescare un circolo virtuoso per l’economia circolare.
Gli indicatori sulla circolarità del nostro Paese confermano le ottime prestazioni dell’Italia su vari aspetti, tra cui ad esempio le percentuali di riciclo e di tasso di utilizzo circolare di materia. L’aumento significativo di consumo di risorse evidenzia tuttavia che urge un cambio di paradigma nel modello economico e negli stili di vita che punti sul grande potenziale dell’economia circolare in termini di uso e gestione più efficiente delle risorse nelle filiere produttive, nelle città e nei territori – dichiara Claudia Brunori, direttrice del Dipartimento ENEA Sostenibilità, circolarità e adattamento al cambiamento climatico dei sistemi produttivi e territoriali – Per avere risultati vincenti e duraturi è necessario rivoluzionare il modo in cui i prodotti vengono progettati e realizzati, integrando criteri di circolarità nei processi produttivi. Occorre progettare e produrre oggetti più durevoli e facili da riutilizzare e riciclare, ma anche da aggiornare e riparare. Per una transizione ecologica ‘completa’ occorre informare e rendere consapevoli quanto più possibile anche i consumatori, ai quali vanno offerti strumenti di conoscenza adeguati a comprendere l’impatto del proprio stile di vita sull’ambiente.